“L’opposizione agli atti esecutivi con cui si censura un vizio meramente formale è, di regola, inammissibile se l’opponente non deduce le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale ha determinato una lesione del suo diritto di difesa o un altro pregiudizio incidente sull’andamento o sull’esito del processo; fa eccezione il caso in cui la violazione delle norme processuali abbia comportato, con immediata evidenza, la definitiva soppressione delle prerogative difensive riconosciute alla parte in relazione alle peculiarità del processo esecutivo. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata – che aveva rigettato l’opposizione ex art. 617 c.p.c. riguardante un precetto, notificato al debitore da un concreditore diverso da quello che aveva eseguito la notificazione del titolo esecutivo, la quale, pur se effettuata da un difensore comune a tutti i creditori, non risultava, in base alla relata, compiuta nell’interesse di entrambi -, perché l’impossibilità di comprendere se la notifica del titolo da parte di un concreditore avesse lo scopo di preannunciare l’esecuzione forzata da parte dell’altro, contrariamente a quanto statuito dal giudice di merito, determinava un pregiudizio “autoevidente” al peculiare diritto di difesa consistente, anteriormente all’inizio dell’esecuzione, nella facoltà di attrezzarsi per l’adempimento spontaneo ovvero per resistere alle pretese prospettate).”
Sommario: 1. – Cass. civ., III Sez., n. 27424/2023 e il principio del pregiudizio effettivo. 2. – Fondamento del principio del pregiudizio effettivo e relazioni con la disciplina della nullità degli atti processuali. 3. – Il consolidamento del principio nella giurisprudenza e le critiche della dottrina. 4. – La progressiva delimitazione del principio del pregiudizio effettivo anche da parte della Cassazione e il principio di diritto espresso dalla Terza Sezione. 5. – Esecuzione forzata, contraddittorio e (nuovo) art. 101, comma 2, c.p.c.
1.Cass. civ., III Sez., n. 27424/2023 e il principio del pregiudizio effettivo. L’ordinanza n. 27424 del 26/09/2023 della III Sezione della Corte di cassazione ha deciso che, di regola, è «inammissibile la censura con cui si lamenti un mero vizio del processo, ove non si prospettino anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per l’esito del processo»; ma a tale regola «fa eccezione il caso in cui la violazione delle norme processuali abbia in modo evidente reso impossibile l’estrinsecazione del diritto di difesa in relazione alle peculiarità del processo».
Nel caso di specie, la Corte ha escluso l’onere del debitore opponente di allegare e provare uno specifico pregiudizio al fine di far valere la nullità del precetto intimato da un concreditore diverso da quello che aveva notificato il titolo esecutivo, «a tutela dal pregiudizio di immediata evidenza (e quindi non bisognevole di specifica allegazione) del diritto di difesa anteriore all’instaurazione del processo esecutivo consistente nella facoltà di evitare l’esecuzione presupposta da[lla] notificazione [del titolo esecutivo]»[1].
La pronuncia arricchisce il filone giurisprudenziale ed il dialogo dottrinale relativo al cd. «principio del pregiudizio effettivo» (anche denominato principio della «offensività delle nullità processuali» o «della causalità del vizio» e, anteriormente, «teoria del nesso» o, con locuzione francese, «pas de nullité sans grief») il quale stabilisce che la violazione della norma processuale non è condizione sufficiente per la pronuncia della nullità, essendo necessario, a tal fine, che la violazione abbia cagionato un pregiudizio[2].
Il pregiudizio, condizione necessaria per la pronuncia della nullità, è stato diversamente individuato a seconda dei casi: (x) nell’impedimento all’esercizio di determinati poteri processuali della parte e quindi nella lesione del suo diritto di difesa («pregiudizio processuale»), o; (y) nell’impedimento all’esercizio di determinati poteri processuali della parte idonei a determinare un esito della causa favorevole a quest’ultima, con conseguente lesione del suo diritto sostanziale («pregiudizio d’ingiustizia»)[3].
Secondo l’ordinanza in commento, il principio del pregiudizio effettivo è vigente nel nostro ordinamento processuale civile[4].
La pronuncia sembra ritenere vigente la versione «processuale» del principio del pregiudizio effettivo: la parte che lamenta l’erronea applicazione della regola processuale ha l’onere di dedurre «una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per l’esito del processo»; una violazione auto-evidente del diritto di difesa non rende necessaria l’allegazione di alcun ulteriore pregiudizio.
Nel commentare la massima espressa dalla Terza Sezione è utile accennare, nel breve spazio di questa nota, all’origine ed al fondamento del principio del pregiudizio effettivo ed alla sua relazione con la disciplina della nullità degli atti processuali.
L’ordinanza si inserisce, infatti, in un nuovo corso giurisprudenziale volto a delimitare il campo di applicazione del principio del pregiudizio effettivo, tenendo conto delle riflessioni e delle critiche svolte dalla dottrina sul punto: la pronuncia della Terza Sezione 27424/2023 esclude l’onere di allegare un pregiudizio ulteriore alla mera violazione delle norme processuali, in conformità al recente orientamento della Suprema Corte a sezioni unite e nel contesto dell’opposizione agli atti esecutivi, quando la regola del processo violata sia chiaramente posta a tutela del diritto di difesa.
La pronuncia offre, infine, l’occasione per accennare all’intervenuta modifica dell’art. 101 c.p.c. (ad opera della riforma Cartabia) e per valutare l’incidenza di tale modifica in materia di «pregiudizio effettivo»[5].
2. Fondamento del principio del pregiudizio effettivo e relazioni con la disciplina della nullità degli atti processuali. Il principio del pregiudizio effettivo processuale subordina la pronuncia della nullità ad una lesione del diritto di difesa, che deve essere accertata, caso per caso e in concreto, dal giudice. Tale valutazione giudiziale si pone come ulteriore rispetto all’accertamento della violazione processuale; ciò spiega perché, storicamente, il principio del pregiudizio effettivo è stato inteso quale «espressione di un potere giudiziario libero, incontrollato, altamente discrezionale, legato al caso concreto»[6].
Da un punto di vista storico, il principio pas de nullité sans grief era applicato nell’ordinamento giuridico francese quantomeno dal XVII secolo[7]: la sua funzione è stata individuata nell’esigenza di eliminare gli ostacoli che impediscono al processo di adempiere alla propria funzione strumentale (la realizzazione del diritto sostanziale)[8], ogniqualvolta il rispetto delle regole prefissate non sia essenziale ai fini della tutela dei poteri processuali delle parti[9].
In questi termini, il principio di offensività delle nullità era conosciuto anche in Italia in epoca preunitaria[10] ed è stato, poi, oggetto di dibattito nei primi anni del Novecento tra chi ne auspicava l’adozione quale temperamento generale della disciplina legale delle nullità e chi, viceversa, non riteneva opportuno onerare la parte incisa dalla violazione della norma processuale di una complessa istruttoria volta ad accertare il danno conseguenziale al vizio di attività[11].
Nel vigore del codice di procedura civile italiano del 1940, la dottrina che si è espressamente occupata del principio ha ritenuto che il legislatore abbia escluso l’onere della parte, che eccepisce la violazione delle norme processuali, di allegare e provare una lesione del diritto di difesa o un altro pregiudizio per l’esito del processo al fine di ottenere la pronuncia di nullità[12].
«[M]algrado a conoscenza del dibattito che aveva progressivamente condotto l’ordinamento francese ad adottare la regola “pas de nullité sans grief”, il legislatore italiano [ha] scelto consapevolmente un’altra strada»[13]. Il bilanciamento tra il rispetto delle forme e l’esigenza di evitare una absolutio ab instantia è stato affidato, infatti, al diverso criterio del raggiungimento dello scopo[14] ossia alla subordinazione della forma alla funzione (o scopo) dell’atto processuale (art. 156 c.p.c.).
Da un punto di vista soggettivo e temporale, la rilevanza delle nullità è stata ulteriormente delimitata dall’art. 157 c.p.c. e il sistema generale delle nullità è completato dalle regole dell’art. 159 c.p.c. in base alle quali la nullità dell’atto è delimitata nelle sue conseguenze sui restanti atti della serie procedimentale[15].
Insomma, se è certo che «il legislatore si [è] in sommo grado curato e preoccupato di porre quanto e più possibile al riparo dal rilievo di nullità formali gli atti del processo, costruendo piuttosto un sistema di limiti e rimedi, informato a criteri essenzialmente pratici, che non un sistema di nullità»[16] è altrettanto certo che tale sistema di limiti e rimedi non comprendeva, a prima lettura, alcun riferimento all’onere di provare un pregiudizio effettivo ai fini della rilevanza della nullità. Così che gli autori che più ampiamente hanno affrontato il punto hanno concluso che «la necessità di un simile pregiudizio non appar[iva] giustificata»[17].
Successivamente, però, in relazione alle sempre più forti aspirazioni all’efficienza del processo, il principio del pregiudizio effettivo è stato riscoperto e si è affermato, in particolare, in giurisprudenza: il principio di ragionevole durata, costituzionalizzato nell’articolo 111, comma 2, Cost. è stato infatti interpretato quale fondamento della tesi per cui la pronuncia della nullità comporta un inutile dispendio di attività processuali ogniqualvolta non sia giustificata dalla dimostrazione – da parte di chi eccepisce il vizio – del vantaggio concreto derivante dall’invalidazione dell’atto viziato[18].
In altre parole, il diritto ad una durata ragionevole del processo imporrebbe al giudice di evitare e di impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sua sollecita definizione e, tra i comportamenti da prevenire, vi sarebbero certamente quelli che si traducono in formalità da ritenersi superflue, in quanto non giustificate dall’effettività del contraddittorio e dei diritti di difesa[19].
3. Il consolidamento del principio nella giurisprudenza e le critiche della dottrina. Il principio ha quindi trovato sempre maggiore spazio nei repertori giurisprudenziali.
La massima – ormai tralatizia, come ricorda l’ordinanza in commento – afferma che «la facoltà di denunciare vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione»[20]: con la conseguenza, prosegue la Terza Sezione, che «di norma, [si esige] dalla parte, che denunci il vizio di violazione di regole processuali, il rispetto dell’onere di allegare anche il pregiudizio che gliene sia in concreto derivato al suo diritto di difesa, a pena di inammissibilità della censura».
Secondo questa linea ricostruttiva, «nessuno ha diritto al rispetto delle regole del processo in quanto tali, ma solo se, appunto in dipendenza della loro violazione, ha subito un concreto pregiudizio»[21] e ciò con riferimento alle più varie violazioni processuali: dai vizi della consulenza tecnica all’omissione dell’interrogatorio libero, dall’errore sul rito fino alla violazione del contraddittorio preventivo sulle questioni rilevabili d’ufficio e, in alcuni casi, addirittura nell’ipotesi di violazione dell’art. 102 c.p.c. e a danno del litisconsorte necessario pretermesso.
A fronte di questa incontrollata forza espansiva del principio di offensività[22], la dottrina ha (ri-)cominciato ad occuparsi approfonditamente del tema e ha prevalentemente sostenuto l’idea che tale principio non possa trovare spazio nella disciplina generale delle nullità processuali o che, comunque, il suo campo di applicazione debba essere radicalmente limitato.
In primo luogo, da un punto di vista generale, si è evidenziato il valore fondamentale della «pre-conoscenza delle modalità processuali» in uno Stato di diritto: «se le regole che fissano e limitano, anche in modo meticoloso, i poteri del giudice vengono liberamente interpretate dai giudici stessi, allora la funzione di garanzia che il codice ha si perde, e il giudice si arroga un nuovo potere che la legge non gli riconosce, e che è quello di superare le regole del processo»[23]. Tale grave violazione del principio di legalità sarebbe insita, secondo questa autorevole interpretazione, anche nell’applicazione del principio del pregiudizio effettivo, il quale, infatti, priva di rilevanza giuridica la violazione delle regole processuali di per sé considerate e pertanto scardina il principio per cui il processo deve essere regolato dalla legge[24].
Parte della dottrina ha inoltre sostenuto che la violazione del contraddittorio rende certamente irrilevante la dimostrazione di un pregiudizio effettivo, poiché la violazione del contraddittorio ha rilevanza di per sé come lesione del metodo riconosciuto dal legislatore (e dall’esperienza comune) come il metodo migliore per una decisione giusta[25]: in una analoga prospettiva, si è precisato che il principio di ragionevole durata e il suo corollario della necessaria offensività non possono che essere subordinati, sul piano assiologico, al contraddittorio e al diritto di difesa[26].
Su un piano sistematico, si è poi evidenziato che (i) il principio di offensività – a volerlo ritenere esistente – non sarebbe comunque applicabile nel caso di nullità rilevabili d’ufficio: infatti, se «non si può esigere che il giudice ricerchi la prova di un pregiudizio effettivo onde procedere alla declaratoria» dovuta ex officio, viene meno «logicamente» anche l’incombente per la parte di provare un tale pregiudizio per far valere il medesimo vizio[27]; (ii) il principio di offensività, inoltre, non può applicarsi alle nullità testuali, rispetto alle quali «la valutazione dell’interesse è fatta una volta per tutte dal legislatore»[28].
Tutti gli argomenti sopra richiamati per escludere determinate tipologie di vizi dal campo applicativo del principio del pregiudizio effettivo sono poi stati ritenuti passibili di un ragionamento a fortiori o a simili con riferimento ad ipotesi ulteriori[29]. In particolare, muovendo dalla considerazione che la nullità per violazione del contraddittorio è una nullità extraformale e che la nullità per violazione del contraddittorio costituisce eccezione al principio, si è affermata l’esclusione di tutte le nullità extraformali dal campo applicativo del principio del pregiudizio effettivo[30].
Infine, muovendo dalla premessa che il principio del pregiudizio effettivo possa essere interpretato come applicazione del divieto di «abuso del processo», si è ricordato che art. 96 c.p.c. individua nel comportamento abusivo la fonte di una responsabilità per abuso, ma non incide sull’esistenza del potere processuale abusivamente esercitato e quindi sull’ammissibilità del suo esercizio (ovvero sul diritto di eccepire la nullità in relazione a formalità da ritenersi in concreto “superflue”)[31].
Anche la dottrina minoritaria che non si è mostrata del tutto contraria al principio di offensività ne ha delimitato radicalmente il campo di applicazione[32].
4. La progressiva delimitazione del principio del pregiudizio effettivo anche da parte della Cassazione e il principio di diritto espresso dalla Terza Sezione. In un dialogo virtuoso con la dottrina, anche la giurisprudenza ha progressivamente delimitato la portata del principio di offensività in recenti arresti, alcuni richiamati anche dall’ordinanza che si annota.
La fondamentale Cass. Sez. un. 25 novembre 2021, n. 36596 ha stabilito che non è «necessaria l’individuazione di un pregiudizio “altro” (id est, un pregiudizio effettivo ulteriore), da porre a fondamento della sanzione di nullità, rispetto alla lesione dei diritti processuali essenziali», come il contraddittorio e il diritto di difesa[33].
Altre pronunce non chiamano affatto in causa il principio del pregiudizio effettivo e si limitano ad applicare la disciplina in materia di nullità degli atti processuali e, in particolare, l’art. 156, comma 3, c.p.c.: ad esempio, con riferimento al vizio di notificazione dell’atto di precetto della cui esistenza il debitore sia giunto a conoscenza solamente nel momento in cui è stato eseguito il pignoramento, si è esclusa ogni possibilità di sanatoria per raggiungimento dello scopo e certamente non si richiede la prova di un pregiudizio “effettivo” ulteriore[34].
Infine, non mancano arresti della Suprema Corte che, addirittura, sembrano negare l’applicabilità del principio di offensività, o con riferimento a casi specifici[35] o in via del tutto generale con esclusione delle sole «mere irregolarità formali»[36].
Secondo la Terza Sezione, queste ultime pronunce, contrarie alla affermazione del principio del pregiudizio effettivo, configurerebbero in realtà «uno scostamento solo apparente» dalla lezione giurisprudenziale sull’offensività dei vizi processuali. Tale scostamento troverebbe infatti giustificazione «in una formulazione del principio generale più articolata e, in particolare, nella peculiarità della nullità di volta in volta presa in esame: dovendo concludersi che la regola generale – dell’ordinario onere di allegazione del pregiudizio concreto al diritto di difesa derivante dalla nullità denunciata derivante dalla violazione delle regole sulla forma degli atti processuali, quanto meno esecutivi – prevede già in se un temperamento, dovendo modularsi l’onere del soggetto che denuncia la nullità formale in relazione al tipo di vizio ed alla tipologia e finalità del singolo atto viziato».
Appare evidente l’influenza esercitata dagli approfondimenti dottrinali sopra brevemente richiamati.
In particolare, secondo la Corte, «quando la lesione del diritto di difesa, sia pure nel suo limitato ambito riconosciuto ai soggetti del processo esecutivo diversi dal debitore, abbia comportato con immediata ed assoluta evidenza la definitiva soppressione di quelle facoltà ineliminabili ancora loro riconosciute, viene meno l’onere di uno specifica allegazione di tale esito nefasto»: è il caso della nullità della notifica del precetto seguito dal pignoramento, quello della notifica del titolo esecutivo eseguita contro un debitore diverso o, come nel caso di specie, da un creditore diverso dall’intimante.
In motivazione, la pronuncia della Terza Sezione apre anche ad una valutazione dell’applicabilità del principio del pregiudizio effettivo basata sul «tipo di vizio» (oltreché con riferimento alla tipologia e finalità del singolo atto viziato): sembrerebbe di leggere quantomeno un richiamo a Cass. 21 gennaio 2021, n. 1096 e all’esclusione delle nullità testuali dal campo di applicazione del principio di offensività.
In conclusione, a prescindere dai dubbi che potrebbero sollevarsi circa l’effettiva compattezza del principio del pregiudizio effettivo nella medesima giurisprudenza di legittimità[37], si può dare atto che la pronuncia in esame contribuisce al superamento del principio di offensività con riferimento a tutte le formalità processuali la cui funzione è, in via diretta ed immediata, la tutela del contraddittorio e del diritto di difesa: la deduzione di tali violazioni esonera la parte da ogni allegazione e prova ulteriori al fine di far valere il vizio di attività in quanto contraddittorio e diritto di difesa sono facoltà ineliminabili delle parti.
L’orientamento non è ancora unitario e non mancano recenti pronunce di senso contrario[38], ma è un orientamento avallato dalle Sezioni Unite nel 2021 (Cass. Sez. un. 25 novembre 2021, n. 36596) ed è un parziale ma significativo avvicinamento all’indirizzo dottrinale del tutto maggioritario sopra richiamato.
La notifica del titolo esecutivo eseguita da un creditore diverso da quello che intima il precetto lede inevitabilmente il diritto di difesa del debitore nella fase degli atti preliminari all’esecuzione forzata e, in quanto violazione processuale direttamente incidente sul diritto di difesa e sulle facoltà connesse al contraddittorio, esclude l’applicazione del principio di offensività.
5. Postilla: esecuzione forzata, contraddittorio e (nuovo) art. 101, comma 2, c.p.c. A conclusione di questa breve nota, si può solo accennare ad alcune riflessioni stimolate dalla pronuncia in commento[39].
La pronuncia della Terza Sezione evidenzia l’importanza del contraddittorio, anche se «peculiare», che deve realizzarsi nel processo esecutivo e prende nettamente le distanze dal precedente orientamento secondo il quale l’opposizione agli atti esecutivi fondata sulla violazione del principio del contraddittorio sarebbe inammissibile, se la lesione del contraddittorio non ha comportato l’ingiustizia dell’atto di esecuzione contestato[40].
Anche nel contesto dell’opposizione agli atti esecutivi, la violazione del diritto di difesa o del contraddittorio comporta una autoevidente soppressione delle facoltà ineliminabili delle parti e quindi il pregiudizio è in re ipsa.
Questa affermazione della Suprema Corte, come anticipato, deve essere vagliata alla luce della modifica del 2° comma dell’art. 101 c.p.c. da parte dell’art. 3 comma 7 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, attuativo della legge delega 26 novembre 2021, n. 206, secondo il quale «il giudice assicura il rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione è derivata una lesione del diritto di difesa, adotta i provvedimenti opportuni»[41].
Il tenore letterale della disposizione del nuovo art. 101, comma 2, c.p.c. subordina l’adozione dei provvedimenti conseguenziali alla violazione del contraddittorio all’accertamento di una lesione del diritto di difesa. Pertanto, il nuovo art. 101, comma 2, c.p.c. potrebbe essere interpretato come la base normativa del pregiudizio effettivo proprio in quelle fattispecie di violazioni processuali più “gravi” (in quanto inerenti al rispetto del contraddittorio) che hanno fatto fortemente dubitare, ormai anche in giurisprudenza, dell’applicabilità del principio di offensività.
Letto in questi termini, l’art. 101, comma 2, c.p.c. appare idoneo a fondare una «torsione involutiva ed autoritaria» in base alla quale «la fattispecie costitutiva del potere-dovere di adottare i provvedimenti di ripristino del circuito del contraddittorio [deriva] dalla sommatoria tra violazione e offensività»[42].
La constatazione che il diritto positivo lascia al giudice inevitabili spazi di discrezionalità nella gestione del processo potrebbe porsi, però, come fondamento di una diversa interpretazione dell’art. 101, comma 2, c.p.c.
L’art. 101, comma 2, c.p.c. potrebbe, infatti, rinforzare l’esigenza di attuare il «giusto processo regolato dalla legge» ed il principio del contraddittorio con specifico riferimento alle fattispecie in cui una violazione formale non sia ravvisabile, per essere le modalità del contraddittorio rimesse, in tutto o in parte, alla determinazione del giudice[43].
Anche quando una violazione formale non sia ravvisabile, perché mancano forme processuali predeterminate a garanzia del diritto di difesa, l’integrità del diritto di difesa deve comunque essere assicurata dal giudice. Nei termini della logica formale, la lesione del diritto di difesa è condizione sufficiente (e non condizione necessaria ulteriore) per l’adozione dei provvedimenti opportuni[44].
[1] Come chiarisce la Corte in motivazione, la notifica del titolo esecutivo da parte di un creditore diverso da quello che poi attiva l’esecuzione non consente di individuare «un’azione esecutiva bene identificata non solo quanto al suo fondamento, ma soprattutto quanto ai soggetti coinvolti» e quindi sopprime il diritto di difesa anteriore all’instaurazione del processo esecutivo consistente nella «facoltà di attrezzarsi per l’adempimento spontaneo o la resistenza alle pretese, prima dell’azionamento in forma esecutiva del titolo». Conforme, Cass. 25 settembre 2023, n. 27313.
[2] La bibliografia rilevante in materia di offensività del vizio di attività è ampia: per un inquadramento, in ordine cronologico, v. V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, I, Napoli, 1954, 413; E.T. Liebman, Manuale di diritto processuale civile, I, Milano, 1955, 216; S. Satta, Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1959, 541; V. Denti, Nullità degli atti processuali civili, in Noviss. Dig. it., XI, Torino, 1965, 477 s.; S. La China, L’esecuzione forzata e le disposizioni generali del codice di procedura civile, Milano, 1970, 526; G. Martinetto, Della nullità degli atti, sub art. 157 c.p.c., in Commentario del codice di procedura civile diretto da Allorio, I, 2, Torino, 1973, 1597 s.; C. Ferri, Contraddittorio e poteri decisori del giudice, in Studi Urbinati, A – Scienze giuridiche, politiche ed economiche, 34, 1984, in particolare 113 ss.; S. Chiarloni, Questioni rilevabili d’ufficio, diritto di difesa e «formalismo delle garanzie», in Riv. trim dir. proc. civ., 1987, 569 ss.; R. Oriani, L’opposizione agli atti esecutivi, Napoli, 1987, 120 ss.; C. Ferri, Sull’effettività del contraddittorio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, 780 ss.; R. Oriani, Nullità degli atti processuali: I) Diritto processuale civile, in Enc. giur., XXIII, Roma, 1990, 11; M.G. Civinini, Poteri del giudice e poteri delle parti nel processo ordinario di cognizione. Rilievo ufficioso delle questioni e contraddittorio, in Foro it., 1999, V, 1 ss.; L. Montesano, La garanzia costituzionale del contraddittorio e i giudizi civili di «terza via», in Riv. dir. proc., 2000, 929 ss.; F.P. Luiso, Questione rilevata d’ufficio e contraddittorio: una sentenza «rivoluzionaria»?, in Giust. civ., 2002, I, 1612 ss.; S. Chiarloni, La sentenza della «terza via» in cassazione: un altro caso di formalismo delle garanzie?, in Giur. it., 2002, 907 ss.; E. Fabiani, Rilievo d’ufficio di «questioni» da parte del giudice, obbligo di sollevare il contraddittorio delle parti e nullità della sentenza, in Foro it., 2006, I, 3176 ss.; E.F. Ricci, La sentenza «della terza via» e il contraddittorio, in Riv. dir. proc., 2006, 750 ss.; L.P. Comoglio, «Terza via» e processo «giusto», in Riv. dir. proc., 2006, 755 ss.; C. Consolo, Questioni rilevabili d’ufficio e decisioni della terza via: conseguenze, in Corriere giur., 2006, 508 s.; A. Didone, Le Sezioni unite e la ragionevole durata del “giusto” processo, in Giur. it., 2009, 670 ss.; L.P. Comoglio, Abuso dei diritti di difesa e durata ragionevole del processo: un nuovo parametro per i poteri direttivi del giudice?, in Riv. dir. proc., 2009, 1686 ss.; C. 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Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, Napoli, 2020 (opera recensita da G. Basilico, in Giustizia, 2020, II, 169 ss. e F. Marelli, in Riv. dir. proc., 2022, 265 s.); V. Capasso, Il ricorso è inammissibile, punto. L’art. 380 bis c.p.c. tra dissociazioni interpretative e incoerenze legislative, in Foro it., 2021, I, 198 ss.; Ead., Legge vs. principi: le Sezioni Unite chiamate a riscrivere la disciplina della nullità degli atti processuali, in Corriere giur., 2021, 838 ss.; P. Biavati, Tutela del contraddittorio e pregiudizio effettivo, in www.giustiziainsieme.it, 2022; D. Amadei, Presupposti processuali, invalidità della sentenza ed impugnazione, in Riv. dir. proc., 2022, 131 ss.; F. Auletta, La nullità degli atti processuali ovvero taking (procedural) right seriously, in Riv. dir. proc., 2022, 546 ss.; R. Donzelli, Sulla nullità della sentenza emessa in violazione dell’art. 190 c.p.c., in Riv. dir. proc., 2022, 556 ss.; M. Stella, La nullità della sentenza prematura, non preceduta dai termini ex art. 190 c.p.c., è in re ipsa, in Riv. dir. proc., 2022, 571 ss.; R. Donzelli, Il principio del pregiudizio effettivo tra nullità testuali e non, in Rass. esec. forz., 2022, 534 ss., G. Verde, Divagazioni sulla disciplina degli atti processuali (leggendo S.U. n. 36596 del 2021), in Processo, 2022, 637 ss.; C. Delle Donne, Principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.), in Commentario al codice di procedura civile, a cura di R. Tiscini, Pisa, 2022, 60 ss.; M. Stella, Nullità processuali e tutela del contraddittorio. Combien est effective le préjudice effective?, in Dir. proc. civ. it. comp., 2022, 408 ss.; A. Briguglio, Violazione del contraddittorio e sistema delle impugnazioni (mito e realtà del carattere autonomamente invalidante della violazione), in Riv. dir. proc., 2023, 127 ss.; C. Delle Donne, Contraddittorio e “pregiudizio effettivo” dopo la Riforma Cartabia, in www.judicium.it, 2023; F.P. Luiso, Il nuovo processo civile, Commentario breve agli articoli riformati del codice di procedura civile, Milano, 2023, 22 ss.; R. Donzelli, Note sul nuovo art. 101 c.p.c., in Riv. dir. proc., 2023, 214 ss.; V. Capasso, Note sul (nuovo?) contraddittorio post d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, tra apprezzabili conferme e qualche occasione perduta, in Dir. proc. civ. it. comp., 2023, 77 ss.; F. Savino, Sul rapporto tra nullità della sentenza e pregiudizio effettivo: la modifica dell’art. 101 c.p.c. comma 2, pur evocando il pregiudizio effettivo e facendo riaffiorare i dubbi che le Sezioni Unite avevano chiarito, non fonda il possibile riconoscimento normativo, in Dir. proc. civ. it. comp., 2024, 96 ss.; M. Stella, Il giudice garante del contraddittorio: il novellato art. 101 c.p.c. e i riflessi in materia di invalidità processuale, in Dir. proc. civ. it. comp., 2024, 102 ss.
Si rimanda, inoltre, alla bibliografia in materia di abuso del processo: v., anche per richiami, M. Taruffo, Abuso del processo, in Contratto impr., 2015, 833 ss.
[3] R. Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, cit., in particolare 156 ss.
[4] La Corte, infatti, mostra espressamente di aderire alla tesi per cui «la facoltà di denunciare vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione», in conformità ad una massima che, con qualche variazione, si è trasmessa in numerose pronunce della Cassazione civile. Conseguentemente, come detto, è di regola «inammissibile [secondo la Corte] la censura con cui si lamenti un mero vizio del processo, ove non si prospettino anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per l’esito del processo».
[5] Cf. infra paragrafo 5.
[6] R. Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, cit., 2.
[7] Si veda la ricostruzione storica di R. Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, cit., 1 ss. Sull’origine del principio, v. anche M. Stella, Nullità processuali e tutela del contraddittorio. Combien est effective le préjudice effective?, cit., 389 ss., secondo il quale la funzione del principio risponde ad un’esigenza logica, da ricondurre alla contrapposizione tra ordinamenti «improntat[i] a un formalismo categorico» e «vibranti reazioni in controtendenza, caratterizzate da premesse ideologiche divergenti, ma accomunate dalla finalità di marginalizzare il rilievo della nullità degli atti processuali difformi dal modello normativo».
[8] La nullità, infatti, se non sanata, impedisce al giudice di far luogo alla decisione di merito (V. Denti, Nullità degli atti processuali civili, cit., 470 ss., ove svolgimenti e precisazioni).
[9] Sul tema, G. Verde, Il processo sotto l’incubo della ragionevole durata, in Riv. dir. proc., 2011, 505 ss.; S. Chiarloni, Etica, formalismo processuale, abuso del processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, 1281 ss.; A. Panzarola, Alla ricerca dei substantialia processus, in Riv. dir. proc., 2015, 680 ss., in particolare 692 ss.; M. Taruffo, L’abuso del processo: profili generali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, 126. Più in generale, E. Scoditti, Giurisdizione per principi e certezza del diritto, in Questione giust., 2018, 4, 24 ss.
[10] R. Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, cit., 15 ss.
[11] Per ampi riferimenti, V. Capasso, La violazione del contraddittorio come fonte di nullità assolute e l’incompatibilità del rilievo ufficioso del vizio con il principio di offensività, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 611 s.
[12] G. Martinetto, Della nullità degli atti, sub art. 157 c.p.c., cit., 1597 s.; R. Oriani, L’opposizione agli atti esecutivi, cit., 120 ss.; Id., Nullità degli atti processuali: I) Diritto processuale civile, cit., 11; da ultimo, R. Vaccarella, B. Sassani, B. Capponi, Editoriale, in Rass. esec. forz., 2019, 287 ss. Come è stato rilevato (R. Oriani, L’opposizione agli atti esecutivi, cit., 121, nota 36), le espressioni di segno contrario utilizzate da altri Autori non appaiono univoche né sono sorrette da un’argomentazione che consenta di scioglierne l’ambiguità (cf. V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, I, cit., 413; E.T. Liebman, Manuale di diritto processuale civile, I, cit., 216; S. Satta, Commentario al codice di procedura civile, I, cit., 541; V. Denti, Nullità degli atti processuali civili, cit., 477).
[13] C. Delle Donne, Contraddittorio e “pregiudizio effettivo” dopo la riforma Cartabia, cit.
[14] Sul quale, C. Furno, Nullità e rinnovazione degli atti processuali, in Studi in onere di Redenti, I, Milano, 1951, 412 ss.
[15] Con riferimento all’art. 157, è infatti del tutto prevalente la tesi che riconduce la previsione alla legittimazione a far valere il vizio del procedimento piuttosto che al principio del pregiudizio effettivo (v. già E. Minoli, L’acquiescenza nel processo civile, Milano, 1942, 192 ss.). Cf. anche l’art. 161 c.p.c. nonché la disciplina in materia di rinnovazione.
[16] C. Furno, Nullità e rinnovazione degli atti processuali, cit., 430; v. anche ibidem, 415 e, più di recente, A. Proto Pisani, In tema di disciplina delle nullità causate da difetto (o da vizi) della difesa tecnica, in Foro it., 1990, I, 1240 ss.
[17] G. Martinetto, Della nullità degli atti, sub art. 157 c.p.c., cit., 1597; nello stesso senso, successivamente, R. Poli, Le nullità degli atti processuali, cit., 1341 ss., dove si chiarisce che «l’esigenza di evitare il formalismo è già assicurata dalla riconosciuta rilevanza del raggiungimento dello scopo, la cui prova spetta a chi lo afferma».
[18] Di recente, ex multis, Cass. 13 luglio 2018, n. 18522 ove il pregiudizio rilevante viene individuato nel «pregiudizio d’ingiustizia» (ossia «una lesione del diritto di difesa che abbia avuto riflessi sulla decisione di merito») e Cass. 20 febbraio 2019, n. 4947 dove si richiede la dimostrazione di una lesione del diritto di difesa, dunque di un «pregiudizio processuale» secondo la classificazione sopra richiamata. Per ampi riferimenti giurisprudenziale, cf. R. Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, cit., 45 ss.
[19] Riprendendo le parole utilizzate da L.P. Comoglio, Abuso dei diritti di difesa e durata ragionevole del processo: un nuovo parametro per i poteri direttivi del giudice?, cit., 1691, nel commentare Cass. 3 novembre 2008, n. 26373. Per gli ulteriori argomenti utilizzati dalla giurisprudenza a fondamento del principio, v. R. Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, cit., 76.
[20] Così l’ordinanza in commento, la quale richiama Cass. 29 maggio 2023, n. 15045 e Cass. sez. un. 9 agosto 2018, n. 20685. G. Verde, L’abuso del diritto e l’abuso del processo (dopo la lettura del recente libro di Tropea), in Riv. dir. proc., 2015, 1088, parlava di massima che «oramai è segno di un indirizzo costante della Corte di cassazione». Non sono mai mancate, però, numerose pronunce di segno contrario, soprattutto con riferimento a problemi specifici (ad es., in materia di nullità della sentenza d’appello deliberata prima della scadenza (o in difetto della concessione) dei termini per il deposito degli scritti conclusivi). Per ampi riferimenti, vedi Foro it., 2022, I, 117 ss. (nota di richiami a Cass. Sez. un. 25 novembre 2021, n. 36596).
[21] Cass. sez. un. 9 agosto 2018, n. 20685; Cass. 22 febbraio 2016, n. 3432. In questi termini, il principio appare davvero difficile da digerire (cf. R. Caponi, D. Dalfino, A. Proto Pisani, G. Scarselli, In difesa delle norme processuali, in Foro it., 2010, I, 1794 ss.).
[22] R. Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, cit., 67.
[23] R. Caponi, D. Dalfino, A. Proto Pisani, G. Scarselli, In difesa delle norme processuali, cit., 1794 ss.
[24] Ex multis, e con particolare incisività, G. Scarselli, Sulla necessità di avere un codice di procedura civile e sul dovere dei giudici di rispettarlo e farlo rispettare, cit.; G. Verde, L’abuso del diritto e l’abuso del processo (dopo la lettura del recente libro di Tropea), cit., 1088; B. Capponi, Buone notizie dalle Sezioni unite sulle nullità processuali (e sul rapporto tra norme e principi), in www.giustiziainsieme.it, 2022; cf. anche M. Taruffo, Abuso del processo, cit., 845 s.
[25] F.P. Luiso, Questione rilevata di ufficio e contraddittorio: una sentenza «rivoluzionaria»?, cit., 1612 ss. V. anche V. Capasso, Legge vs. principi: le Sezioni Unite chiamate a riscrivere la disciplina della nullità degli atti processuali, in Corriere giur., 2021, 844 e note 44 e 45 e, in generale, F.P. Luiso, Diritto processuale civile, I, Milano, 2023, 34 ss.; A. Gentili, Contradditorio e giusta decisione nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, 745 ss.; Corte cost. 22 aprile 1980, n. 56.
[26] R. Caponi, D. Dalfino, A. Proto Pisani, G. Scarselli, In difesa delle norme processuali, cit., 1794; V. Capasso, Quando la nullità «fait nécessairement grief»: le sezioni unite e l’intrinseca offensività della nullità da violazione del contraddittorio, in Foro it., 2022, I, 130 ss.; Corte cost. 4 dicembre 2009, n. 317, in Foro it., 2010, I, 359, con nota di G. Armone, La Corte costituzionale, i diritti fondamentali e la contumacia di domani.
[27] V. Capasso, Legge vs. principi: le Sezioni Unite chiamate a riscrivere la disciplina della nullità degli atti processuali, cit., 841, nonché 843 s. per ulteriori fondamentali osservazioni di carattere sistematico; Ead., La violazione del contraddittorio come fonte di nullità assolute e l’incompatibilità del rilievo ufficioso del vizio con il principio di offensività, cit., 605 ss., in particolare 609 ss.
[28] Così R. Oriani, Nullità degli atti processuali: I) Diritto processuale civile, cit., 11; V. Capasso, Legge vs. principi: le Sezioni Unite chiamate a riscrivere la disciplina della nullità degli atti processuali, cit., 844, nota 51.
[29] V. ancora V. Capasso, Legge vs. principi: le Sezioni Unite chiamate a riscrivere la disciplina della nullità degli atti processuali, cit., 845 e, con riferimento alle violazioni del contraddittorio, successivamente V. Capasso, Quando la nullità «fait nécessairement grief»: le sezioni unite e l’intrinseca offensività della nullità da violazione del contraddittorio, cit., 117 ss., la quale evidenzia «come la garanzia finanche di un contraddittorio meramente iterativo (e persino su sole questioni di diritto) non possa non presupporre quella (di pari ampiezza) di uno sicuramente inedito, perché mai provocato». Cf. anche F. Auletta, La nullità degli atti processuali ovvero…taking (procedural) rights seriously, cit., 549 s. e nota 12.
[30] D. Amadei, Presupposti processuali, invalidità della sentenza ed impugnazione, cit., 133. Limitatamente alle violazioni «radicali», cf. A. Briguglio, Violazione del contraddittorio e sistema delle impugnazioni (mito e realtà del carattere autonomamente invalidante della violazione), cit., 139 ss.
[31] R. Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, cit., 175 ss.
[32] Ad esempio, C. Consolo, Le sezioni unite sulla causalità del vizio nelle sentenze della terza via: a proposito della nullità, indubbia ma peculiare poiché sanabile allorché emerga l’assenza in concreto di scopo del contraddittorio eliso, cit., 356 ss.; P. Biavati, Tutela del contraddittorio e pregiudizio effettivo, cit.; A. Briguglio, Violazione del contraddittorio e sistema delle impugnazioni (mito e realtà del carattere autonomamente invalidante della violazione), cit., in particolare 133, 136 e 141 ss. Parzialmente diverse, ma sempre improntate al principio del distingue frequenter, le posizioni di S. Chiarloni, La sentenza della «terza via» in cassazione: un altro caso di formalismo delle garanzie?, cit., 907 ss. e di E.F. Ricci, La sentenza «della terza via» e il contraddittorio, cit., 750 ss.
[33] Cass. Sez. un. 25 novembre 2021, n. 36596, in Foro it., 2022, I, 117 ss., con nota di V. Capasso, Quando la nullità «fait nécessairement grief»: le sezioni unite e l’intrinseca offensività della nullità da violazione del contraddittorio, in Judicium, 2022, 235 ss. con nota di M. Mazzei, L’intrinseca nullità della sentenza emessa prima della decorrenza dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. e in Giur. it., 2023, 1308 ss., con nota di F. Fradeani, Nullità della sentenza e pregiudizio effettivo – Tutela del contraddittorio e pregiudizio effettivo. Si vedano anche i commenti di F. Santagada, Le Sezioni Unite sulla nullità della sentenza emessa prima della decorrenza dei termini ex art. 190 c.p.c., in Judicium, 2021; B. Capponi, Buone notizie dalle Sezioni unite sulle nullità processuali (e sul rapporto tra norme e principi), cit.; S. Caprio, La sentenza emessa senza attendere la scadenza dei termini ex art. 190 c.p.c. è di per sé nulla, in Ius, 2022; P. Biavati, Tutela del contraddittorio e pregiudizio effettivo, cit.; F. Auletta, La nullità degli atti processuali ovvero taking (procedural) right seriously, cit., 546 ss.; R. Donzelli, Sulla nullità della sentenza emessa in violazione dell’art. 190 c.p.c., cit., 556 ss.; M. Stella, La nullità della sentenza prematura, non preceduta dai termini ex art. 190 c.p.c., è in re ipsa, cit., 571 ss.; G. Verde, Divagazioni sulla disciplina degli atti processuali (leggendo S.U. n. 36596 del 2021), cit., 637 ss.; A. Briguglio, Violazione del contraddittorio e sistema delle impugnazioni (mito e realtà del carattere autonomamente invalidante della violazione), cit., 127 ss. tutti concordi, in linea di principio, con la ratio decidendi, nonostante lo «sbrigativo» obiter dictum finale sul rapporto tra impugnazione sostitutiva e nullità della sentenza impugnata.
[34] Cass. 15 settembre 2020, n. 19120; Cass. 16 ottobre 2017, n. 24291; conforme, in motivazione, Cass. 12 giugno 2020, n. 11290, la quale però si dichiara favorevole al principio di offensività.
[35] Cass. 21 gennaio 2021, n. 1096, in Rass. esec. forz., 2022, 531 ss., con nota di R. Donzelli, Il principio del pregiudizio effettivo tra nullità testuali e non, con riferimento alle nullità testuali. In altri casi, si è negata l’applicazione del principio nell’ipotesi di violazione di termini perentori (cf., ad esempio, Cass. 8 ottobre 2015, n. 20180, su cui le critiche di C. Besso, Sub art. 156, in C. Besso – M. Lupano, Degli atti processuali. Art. 121-162, in S. Chiarloni (a cura di), Commentario del Codice di procedura civile, Bologna, 2016, 705).
[36] In particolare, Cass. 9 novembre 2021, n. 32838; successivamente, sulla stessa linea, Cass. 24 aprile 2023, n. 10861 e 1087; Cass. 13 aprile 2023, n. 9901.
[37] Vedi le pronunce citate alla nota che precede.
[38] Ad esempio, Cass. 25 novembre 2022, n. 34861. In senso conforme alla pronuncia in commento vedi, però, Cass. 9 ottobre 2023, n. 28302; Cass. 1° agosto 2023, n. 23353; Cass. 4 maggio 2023, n. 11711; Cass. 7 marzo 2023, n. 6795; Cass. 24 gennaio 2023, n. 2067; Cass. 13 gennaio 2023, n. 838.
[39] Esula da questa nota l’analisi dei rapporti tra offensività del vizio di attività e mezzi di impugnazione.
[40] Cass. 3 febbraio 2012, n. 1609; Cass. 2 novembre 2010, n. 22279; Cass. 20 novembre 2009, n. 24532; Cass. 17 luglio 2009, n. 16731; Cass. 19 agosto 2003, n. 12122.
[41] Sull’art. 101, comma 2, c.p.c., come modificato dalla riforma Cartabia, v. C. Delle Donne, Principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.), cit., 60 ss.; Ead., Contraddittorio e “pregiudizio effettivo” dopo la riforma Cartabia, cit.; M. Stella, Nullità processuali e tutela del contraddittorio. Combien est effective le préjudice effective?, cit., 408 ss.; V. Capasso, Note sul (nuovo?) contraddittorio post d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, tra apprezzabili conferme e qualche occasione perduta, in Dir. proc. civ. it. comp., 2023, 77 ss.; F.P. Luiso, Il nuovo processo civile, Commentario breve, cit., 22 ss.; R. Donzelli, Note sul nuovo art. 101 c.p.c., cit., 214 ss.; F. Savino, Sul rapporto tra nullità della sentenza e pregiudizio effettivo: la modifica dell’art. 101 c.p.c. comma 2, pur evocando il pregiudizio effettivo e facendo riaffiorare i dubbi che le Sezioni Unite avevano chiarito, non fonda il possibile riconoscimento normativo, in Dir. proc. civ. it. comp., 2024, 96 ss.; M. Stella, Il giudice garante del contraddittorio: il novellato art. 101 c.p.c. e i riflessi in materia di invalidità processuale, in Dir. proc. civ. it. comp., 2024, 102 ss.
[42] C. Delle Donne, Contraddittorio e “pregiudizio effettivo” dopo la riforma Cartabia, cit.
[43] Si pensi ad esempio alla facoltà del giudice di assegnare termini per memorie nel procedimento semplificato di cognizione. Cf. F.P. Luiso, Il nuovo processo civile, Commentario breve, cit., 22; Id., Relazione al Convegno “Giustizia civile e riforma Cartabia uno sguardo d’insieme”, organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura, 14 gennaio 2023; Id., Diritto processuale civile, I, cit., 35 s.; R. Donzelli, Note sul nuovo art. 101 c.p.c., cit., 214 ss.
[44] In questo senso, la dottrina citata nella nota precedente. Per una diversa lettura, ma per una analoga speranza circa un’interpretazione dell’art. 101, comma 2, c.p.c. non lesiva del principio fondamentale del contraddittorio, cf. C. Delle Donne, Contraddittorio e “pregiudizio effettivo” dopo la riforma Cartabia, cit.
Del resto, è davvero difficile distinguere nettamente, se non da un punto di vista meramente concettuale, tra contraddittorio e diritto di difesa e la violazione del contraddittorio implica in maniera autoevidente la lesione del diritto di difesa (F.P. Luiso, Il nuovo processo civile, Commentario breve, cit., 22). «Il diritto al contraddittorio è insito nel diritto di difesa e il diritto di difesa richiede che il processo si strutturi, nelle varie fasi, secondo il principio del contraddittorio. In ciò si realizza la più elementare concretizzazione della garanzia del giusto processo» (cf. Cass. 24 gennaio 2023, n. 2067). Così che, «[a] prescindere dalle variazioni definitorie, il dato veramente essenziale è la consapevolezza di una sola realtà garantistica, con molteplici aspetti fra loro complementari, da ricondurre causalmente agli effetti coordinati e sinergici di più disposizioni costituzionali. Una visione tendenzialmente unitaria di siffatta realtà è il solo mezzo per estrarre, dal coacervo delle «regole formali» attinenti al processo, un prodotto di sintesi, avente qualità e dignità superiori, che possa a buon diritto misurarsi con i livelli di «effettività» cui sono già pervenute in altre esperienze (nazionali ed internazionali) le garanzie di un «processo equo e giusto» (L.P. Comoglio, Contraddittorio, in Dig. Disc. Priv., sez. civ., IV, Torino, 1989, in banca dati One Legale).
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