Pignoramento dei buoni postali: è possibile? Cosa dice la legge in merito? Ne parliamo in questo approfondimento.
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Pignoramento dei buoni postali: come funziona?
I buoni postali possono essere pignorati? A rispondere alla domanda ci pensa l’articolo 175 del codice postale, che impone l’insequestrabilità e l’impignorabilità dei buoni postali fruttiferi.
Si legge che, “i buoni postali fruttiferi non sono sequestrabili né pignorabili, tranne che per ordine dell’autorità giudiziaria in sede penale. Essi sono, inoltre, non cedibili, salvo il trasferimento per successione a termini di legge”.
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Cosa non si può pignorare?
L’articolo 23 del codice postale spiega che “i vaglia, gli assegni di conto corrente postale e le somme depositate sui conti correnti non sono soggetti a sequestro o a pignoramento, salvo che nei casi espressamente previsti dall’articolo 24 del codice postale. I libretti di risparmio postali e i buoni postali fruttiferi non sono soggetti a sequestro o a pignoramento, salvo che nei casi espressamente previsti, rispettivamente, dagli articoli 157 e 175 del codice postale”.
L’articolo 24 (sequestro, pignoramento ed opposizione), prevede che “gli oggetti e le somme affidate all’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, ad eccezione delle corrispondenze non epistolari e dei pacchi, non sono soggetti a sequestro, né a pignoramento salvo i provvedimenti dell’autorità giudiziaria”.
Buoni postali fruttiferi: la sentenza del 20 aprile 2023
Un’importante sentenza a tutela delle persone titolari di buoni fruttiferi postali è stata emessa il 20 aprile 2023.
Poste è stata condannata al pignoramento dei beni della sede centrale dell’ufficio postale del Comune di Minturno, nel Basso Lazio, in seguito alla denuncia presentata da tre contribuenti, che si erano visti prescrivere dei buoni postali fruttiferi, a causa della mancata presentazione di tutte le informazioni necessarie per conoscere la scadenza dei buoni acquistati.
Poste, decaduto il tentativo di mediazione, non si era presentata di fronte al giudice di pace, che ha stabilito il diritto al rimborso per i risparmiatori. Non ottenendo il dovuto risarcimento, Poste è stata condannata al pignoramento.
Come si sono svolti i fatti?
Tutto è iniziato dalla denuncia mossa da madre e due figli, che nel 2002 avevano sottoscritto due buoni fruttiferi cointestati, ciascuno della somma di 500 euro.
Nel marzo del 2021, i tre si sono recati presso l’ufficio postale del Comune di residenza per riscattare i buoni fruttiferi, ma hanno scoperto che i buoni risultavano prescritti.
Appoggiandosi a Confconsumatori, i tre hanno presentato reclamo a Poste Italiane, la quale ha ribadito la prescrizione dei buoni fruttiferi appartenenti alle serie AA3 e scaduti al 7° anno dall’emissione. Le informazioni, però, non erano presenti sui buoni e mai erano state fornite da Poste ai consumatori, al momento della sottoscrizione.
All’istanza di mediazione, Poste non si è presentata. A quel punto, si è reso necessario citare l’intermediario dinnanzi al giudice di pace di Cassino per ottenere il rimborso della somma investita e degli interessi maturati.
Il giudice di pace di Cassino ha accolto il ricorso dei tre contribuenti condannando Poste al pagamento delle spese legali. Il risarcimento non è mai arrivato, a quel punto l’ufficiale giudiziario ha disposto il pignoramento di beni pari a 2.400 euro, presso gli uffici della sede centrale delle poste di Cassino (con l’aggiunta del 35% degli interessi, che avrebbero dovuto essere corrisposti alla scadenza del buono).
Faq sul pignoramento
Perché i buoni fruttiferi sono molto utilizzati in Italia?
I buoni fruttiferi postali (e i libretti) sono la forma di risparmio più utilizzata in Italia. Soprattutto in alcune zona d’Italia sono diffusissimi: se ne conta uno ogni due o tre cittadini (dipende dalla città). I buoni fruttiferi postali hanno quattro caratteristiche importanti:
- sicurezza;
- affidabilità;
- trasparenza;
- e semplicità.
Nel 2024 compiranno 100 anni. Rispetto ai Btp possono avere un rendimento inferiore, ma hanno un vantaggio incontrovertibile: non si rischia di perdere soldi qualora si decidesse di ritirare il denaro prima della scadenza.
Quali novità verranno introdotte dalla Legge di bilancio in tema di pignoramento dei conti correnti?
Il Capo II della Legge di bilancio introduce significative novità nella lotta all’evasione fiscale. In particolare, il comma 12 dell’articolo modifica il decreto del presidente della Repubblica del 1973 che disciplina la riscossione. Vengono introdotti nuovi articoli che permettono all’agente di riscossione di accedere, in fase stragiudiziale, alle informazioni sui conti correnti dei debitori, facilitando e velocizzando la procedura di pignoramento.
Come cambia il pignoramento con la riforma fiscale?
La riforma fiscale introduce un meccanismo di “velocizzazione” dei pignoramenti. In passato, per conoscere i conti correnti dei debitori, l’Agente per la Riscossione aveva bisogno di una specifica autorizzazione. Con la riforma, questo passaggio non è più necessario. L’agente può accedere direttamente, mediante collegamento telematico, alle informazioni sulle risorse finanziarie del debitore. Se trova disponibilità, può procedere immediatamente al blocco delle somme.
Chi può avviare una procedura di pignoramento del conto corrente?
Un creditore che ha un credito non soddisfatto nei confronti di un debitore può avviare una procedura di pignoramento del conto corrente. Questo avviene generalmente attraverso un’azione legale o tramite un avvocato.
Posso impedire il pignoramento del mio conto corrente?
È possibile evitare il pignoramento del conto corrente attraverso diverse opzioni. Ad esempio, il pagamento del debito in modo tempestivo, la negoziazione con il creditore per un piano di pagamento rateale, la ricerca di assistenza di un consulente finanziario o un avvocato specializzato in diritto delle esecuzioni.
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