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[1] Il riferimento è a Cass. civ., Sez. III, 5-4-2023, n. 9412, in questa Rivista, 2023, 3, 636, con nota di Diana, Processo esecutivo, distribuzione del ricavato e aspetti processuali.

[2] Secondo quanto risulta dall’ordinanza innanzi citata, il ricorso per intervento era stato depositato prima della scadenza del termine di cui all’art. 566 c.p.c. e, da questo punto di vista, andava reputato tempestivo; tuttavia, poiché a detto ricorso era stato allegato il contratto di mutuo privo della formula esecutiva, mentre il creditore aveva dimesso quello spedito in forma esecutiva dopo che si era tenuta l’audizione delle parti innanzi al professionista delegato, ma prima che venisse fissata l’udienza innanzi al giudice dell’esecuzione a seguito della contestazione mossa dal creditore ipotecario di secondo grado, si trattava di stabilire se l’attività – per così dire – sanante fosse avvenuta entro l’udienza prevista dall’art. 596 c.p.c. (come stabilito dall’art. 566 c.p.c.) oppure no.

[3] Si veda Diana, op. cit., 649.

[4] Così l’art. 591- bis , 3° comma, n. 12), c.p.c., nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dal d.lgs. 10-10-2022, n. 149; nella nuova e attuale formulazione, la norma prevede che il professionista delegato provvede «alla formazione del progetto di distribuzione ed alla sua trasmissione al giudice dell’esecuzione, nei modi e termini stabiliti dall’articolo 596».

[5] Così l’art. 596, 1° comma, c.p.c. ante riforma Cartabia.

[6] Si vuole dire che l’affermazione contenuta nell’ordinanza di Cass. civ., Sez. III, 5-4-2023, n. 9412, in base alla quale «le udienze del processo esecutivo si possono svolgere (salvo che vi sia una espressa e chiara indicazione normativa contraria) esclusivamente davanti al giudice dell’esecuzione» prova troppo, giacché anche le attività previste dagli artt. 572 e 573 c.p.c., in caso di operazioni di vendita delegate, ben potrebbero svolgersi al di fuori di un’udienza tecnicamente intesa, sicché non è tanto la qualificazione soggettiva di chi (giudice dell’esecuzione o professionista delegato) compie determinate attività, quanto piuttosto la loro natura e il loro contenuto a determinare se esse hanno luogo in un’udienza oppure no. Di conseguenza, se, alla stregua degli artt. 572 e 573 c.p.c., è un’udienza quella in cui il professionista delegato, facendo le veci del giudice dell’esecuzione, delibera sulle offerte e dà corso all’eventuale gara, non può che essere un’udienza pure quella in cui, ai sensi degli artt. 596 e 597 c.p.c., le parti compaiono per l’approvazione del progetto di distribuzione, anziché davanti al giudice dell’esecuzione, innanzi al professionista delegato, sulla base delle prescrizioni dettate dall’ordinanza di vendita.

[7] Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano, 2019, 1587, dà conto del dibattito animato dall’apparente difetto di coordinamento tra l’art. 591- bis , 3° comma, n. 12), c.p.c. e l’art. 596 c.p.c. e delle soluzioni prospettate: secondo una prima ricostruzione, il professionista delegato doveva predisporre e trasmettere il progetto di distribuzione al giudice dell’esecuzione, unico soggetto legittimato a fissare l’udienza per la discussione e l’approvazione; per una seconda impostazione, in mancanza di una diversa previsione limitativa contenuta nell’ordinanza di delega, il professionista delegato poteva svolgere anche le attività inerenti all’approvazione del piano di riparto; una terza lettura intermedia sosteneva che il professionista delegato predisponeva il progetto di distribuzione, lo depositava in cancelleria e, fissata la convocazione delle parti e in assenza di contestazioni, lo dichiarava esecutivo, mentre, in caso di contestazioni, doveva rimettere le parti dinanzi al giudice dell’esecuzione per la loro decisione.

[8] Non è infatti immaginabile che il professionista delegato fissasse un’udienza da celebrare davanti al giudice dell’esecuzione, se non altro perché il suo calendario non può essere gestito che da lui.

[9] Questo argomento concorre a smentire l’assunto per cui l’audizione delle parti sarebbe qualcosa di diverso dal tenere udienza, come verrà meglio precisato infra.

[10] È vero, peraltro, che non appare condivisibile configurare un’approvazione del progetto di distribuzione senza alcun intervento da parte del giudice dell’esecuzione (come stigmatizzato dalla Corte di cassazione, alla luce del tenore dell’ordinanza di vendita emessa dal Tribunale di Forlì nel caso esaminato); tuttavia, non si tratta di una conseguenza necessitata della previsione dello svolgimento dell’udienza di approvazione da parte del professionista delegato, se solo si considera che – come, del resto, avveniva già in base alle prassi in uso presso altri tribunali e di fatto recepite nel nuovo art. 596 c.p.c. – essa ben poteva tenersi una volta che la bozza del piano di riparto fosse stata depositata dal medesimo professionista delegato nel fascicolo del processo esecutivo per essere esaminata dal giudice dell’esecuzione, che poteva così apportarvi le modifiche ritenute opportune. In base a questa impostazione, quello che veniva portato all’approvazione delle parti non era più il progetto di distribuzione predisposto unilateralmente dal professionista delegato, ma il piano di riparto su cui il giudice dell’esecuzione, una volta introdotte le eventuali modifiche del caso, aveva espresso il suo placet, con l’apposizione della propria firma. Viene così meno un’altra delle obiezioni sollevate nell’ordinanza per tacciare di illegittimità la prassi censurata.

[11] L’art. 512 c.p.c., infatti, prescriveva e prescrive tuttora che, in caso di controversia distributiva, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, pronuncia un’ordinanza impugnabile mediante opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., non essendo configurabile una surrogazione del professionista delegato nel compimento di tale attività, di carattere squisitamente giurisdizionale.

[12] D’altra parte, dallo stesso art. 591- bis c.p.c. si ricava che tutti i provvedimenti che riverberano i loro effetti sulla progressione e sul concreto svolgimento del processo esecutivo (quali il decreto di trasferimento e quello con cui viene dichiarata la decadenza dell’aggiudicatario inadempiente ai sensi dell’art. 587 c.p.c.) non possono essere assunti dal professionista delegato, ma sono riservati al giudice dell’esecuzione. Non contraddice ciò il fatto che al professionista delegato sia demandato disporre l’aggiudicazione o l’assegnazione, trattandosi di provvedimenti connotati pur sempre da una certa qual provvisorietà e precarietà, atteso che l’effetto scaturente da essi è destinato a consolidarsi solo con la successiva pronuncia del decreto di trasferimento da parte del giudice dell’esecuzione, che determina anche la chiusura della fase di vendita.

[13] Sottolinea Diana, op. cit., 652, che il raccordo tra professionista delegato e giudice dell’esecuzione, con specifico riguardo alla fase distributiva, si esprime proprio attraverso la previsione di apposite direttive finalizzate alla predisposizione del piano di riparto.

[14] Non si dubita, per esempio, che sia un’udienza anche quella prevista dall’art. 600 c.p.c., in cui il giudice dell’esecuzione sente tutti gli interessati per assumere i provvedimenti riguardanti i beni indivisi pignorati.

[15] La regola dettata dall’art. 597 c.p.c. andava e va letta in combinato disposto con quella contenuta nell’art. 631 c.p.c., in base alla quale l’assenza delle parti a un’udienza – salvo che si tratti di quella in cui ha luogo la vendita – e a quella successivamente fissata comporta l’estinzione del processo esecutivo; in questo modo, era stata positivizzata (ed è stata confermata, oltretutto eliminando qualsiasi riferimento alla necessità che, in caso di mancata comparizione, si celebri un’altra udienza, ai sensi dell’art. 485, ultimo comma, c.p.c.) un’ulteriore deroga alla norma dell’art. 631 c.p.c., limitatamente all’udienza di approvazione del piano di riparto nell’espropriazione immobiliare.

[16] Secondo Diana, op. cit., 651, se l’audizione innanzi al professionista delegato non può essere configurata alla stregua di un’udienza da celebrarsi in tribunale, non sono applicabili le disposizioni – dettate relativamente a quest’ultima – che prevedono anche la possibilità di sostituire la partecipazione personale delle parti mediante collegamenti audiovisivi o con la trattazione scritta, mentre resterebbe salva la possibilità per il professionista delegato di acquisire in altro modo (per esempio, attraverso posta elettronica certificata) le dichiarazioni di approvazione del progetto di distribuzione o eventuali contestazioni.

[17] Questa conclusione si imporrebbe volendo per forza attribuire al termine “udienza” il significato che le viene assegnato dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 9412 del 5-4-2023, dovendosi a quel punto – per non tradire la ratio sottesa agli artt. 565 e 566 c.p.c. e, nel contempo, non contrastare la tesi perorata dai giudici di legittimità – individuare il momento più prossimo alla conclusione del processo esecutivo in cui è prevista la comparizione delle parti davanti al giudice dell’esecuzione.

[18] Nella prospettiva fatta propria dai giudici di legittimità, infatti, l’udienza che era prevista dall’art. 596 c.p.c. si doveva tenere davanti al giudice dell’esecuzione in ogni caso, vale a dire anche se le parti fossero già comparse innanzi al professionista delegato per quella che viene definita alla stregua di un’informale audizione preventiva finalizzata alla migliore predisposizione del piano di riparto da sottoporre al giudice dell’esecuzione per eventuali variazioni e per la sua successiva approvazione.

[19] Nella formulazione previgente, l’art. 598 c.p.c. stabiliva che «Se il progetto è approvato o si raggiunge l’accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il giudice dell’esecuzione o il professionista delegato a norma dell’articolo 591-bis ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dell’articolo 512».

[20] Basti pensare, a questo proposito, alle disposizioni dettate in materia di intervento nel processo esecutivo, le quali stabiliscono che la sua tempestività va valutata avendo riguardo alla prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita (art. 525 c.p.c., nell’ambito dell’espropriazione mobiliare presso il debitore, richiamato anche dall’art. 551 c.p.c. per l’espropriazione mobiliare presso terzi; art. 564 c.p.c., nell’ambito dell’espropriazione immobiliare), il che significa che, per espressa disposizione normativa, le udienze previste, rispettivamente, dagli artt. 530 e 569 c.p.c. possono fisiologicamente svolgersi, anziché uno actu, in più momenti successivi, non facendo ciò venire meno la loro unicità funzionale.

[21] La nuova previsione contenuta nel riformato art. 598 c.p.c. esclude che per disporre i pagamenti in esecuzione del progetto di distribuzione occorra attendere il decorso del termine (di venti giorni) entro cui può essere proposta opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’atto conclusivo dell’espropriazione immobiliare, ora rappresentato dall’ordine – contenuto nel verbale dell’udienza di approvazione – di effettuare detti pagamenti. A questo proposito, la giurisprudenza ha precisato che il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione, contestualmente o conseguentemente alla distribuzione finale della somma ricavata dalla vendita, dichiari definito (o, impropriamente, estinto) il processo esecutivo, disponendone l’archiviazione, non è autonomamente aggredibile con l’opposizione agli atti esecutivi, giacché si tratta di una mera presa d’atto – peraltro non necessaria – dell’esaurimento e della chiusura fisiologica dell’espropriazione forzata, mentre l’ultimo provvedimento utilmente impugnabile resta l’ordinanza che dispone l’approvazione del piano di riparto o l’assegnazione dei beni o dei crediti pignorati (Cass. civ., Sez. VI, 12-4-2018, n. 9175; negli stessi termini, Cass. civ., Sez. III, 6-11-2023, n. 30901).

[22] L’art. 3, l. 5-8-1998, n. 302, che ha introdotto l’art. 591- bis c.p.c., aveva infatti stabilito che la delega potesse essere disposta solo in favore di un notaio avente sede nel circondario del tribunale; si deve al d.l. 14-3-2005, n. 35, convertito, con modificazioni, in l. 14-3-2005, n. 80 (che ha riscritto, tra gli altri, l’art. 591- bis c.p.c.), la previsione della possibilità di delegare il compimento delle operazioni di vendita anche agli avvocati e ai commercialisti iscritti negli elenchi previsti dall’art. 179- ter disp. att. c.p.c.

[23] Fabiani, Funzione processuale del notaio ed espropriazione forzata, in RDC, 2002, 2, 131.

 

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