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La sentenza del 3 aprile 2024 della Corte d’Appello di Brescia, in accoglimento del reclamo presentato ex art. 50 del DLgs. 14/2019 (nella sua versione, allo stato, risultante dalle modifiche di cui al primo ed al secondo decreto correttivo) avverso il decreto di rigetto pronunciato dal Tribunale di Bergamo in data 16 novembre 2023, ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione controllata promossa da un debitore sovraindebitato ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui agli artt. 2 comma 1 lett. c) e 268 ss. del CCII.

Sotto un profilo fattuale, occorre premettere che il Tribunale di Bergamo, con il decreto reclamato, aveva rigettato il ricorso volto all’apertura di una procedura di liquidazione controllata ex artt. 268 ss. del CCII, ritenendo che la debitrice ricorrente, in quanto titolare di un patrimonio da liquidare dal valore particolarmente esiguo privo di alcuna utilità per il ceto creditorio, fosse de facto una incapiente e che, quindi, lo strumento corretto previsto dal CCII per addivenire, in tale ipotesi, all’esdebitazione avrebbe dovuto essere individuato, non tanto nella procedura liquidatoria di cui agli artt. 268 ss. del CCII, quanto piuttosto nella procedura di esdebitazione del sovraindebitato incapiente di cui all’art. 283 del CCII.

Il Tribunale di Bergamo, in disparte il fatto di non aver, peraltro, attribuito alcuna rilevanza alla finanza esterna che all’interno della procedura la figlia della ricorrente avrebbe innestato, aveva, nella sostanza, sancito l’inammissibilità di una procedura liquidatoria, dalla quale non derivasse alcuna utilità per il ceto creditorio. La sentenza pronunciata, in fase di reclamo, dalla Corte d’Appello di Brescia, discostandosi dal menzionato fil rouge motivazionale, ha, al contrario, precisato come, tra le condizioni di accesso alla procedura liquidatoria figurino unicamente la condizione di sovraindebitamento, nella duplice alternativa accezione di crisi o insolvenza, del debitore ricorrente e la presenza di beni da liquidare: sancisce, all’uopo, il giudice d’appello che “[…] non costituisce, invece, presupposto per l’accesso alla procedura il fatto che, da questa, possa derivare un’utilità in capo ai creditori”.

Tale asserzione, secondo la citata pronuncia, troverebbe conferma “anche da una lettura sistematica della disciplina dell’istituto in esame”: ex plurimis, da una lettura, in primo luogo, dell’art. 268 comma 3 del CCII, dal quale ben si può ricavare come l’eccezione c.d. di incapienza sia sol rimessa all’iniziativa del debitore, difettante la quale si farebbe comunque luogo all’apertura della procedura liquidatoria; da una lettura, in secondo luogo, del combinato disposto degli artt. 276 e 233 del CCII, dai quali ben si può ricavare come il mancato soddisfacimento del ceto creditorio rappresenti una causa di chiusura anticipata della procedura e non anche una condizione per l’accesso alla procedura; da una lettura, infine, dell’art. 282 del CCII, dal quale ben si può desumere come il fatto che il requisito dell’utilità per i creditori non sia più richiesto – a differenza di quanto avveniva sotto la vigenza dell’art. 14-terdecies della L. 3/2012 – per l’esdebitazione rappresenti indice chiaro del conseguente principio per cui tale requisito non possa essere neppure richiesto ai fini dell’accesso ad una procedura, quale quella liquidatoria, finalizzata per l’appunto al conseguimento dell’esdebitazione stessa.

In siffatto contesto, peraltro, interessante appare osservare come la questione, di non poco momento nel contesto delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, parrebbe aver trovato una soluzione de facto conforme a quella prospettata dal Tribunale di Bergamo e divergente rispetto a quella proposta dalla qui in commento Corte d’Appello di Brescia – con lo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al CCII approvato, in via preliminare, dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 10 giugno 2024 (c.d. decreto correttivo-ter), il quale, stando alla bozza circolata, nel modificare l’art. 268 comma 3 del CCII, ha espressamente stabilito che “quando la domanda di apertura della liquidazione controllata è proposta dal debitore persona fisica, si fa luogo all’apertura della liquidazione controllata se l’OCC attesta, nella relazione di cui all’articolo 269, comma 2, che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante l’esercizio di azioni giudiziarie”.

Il che, pertanto, parrebbe far desumere all’operatore come il requisito dell’utilità per i creditori assurga, con il futuro avvento della rinnovata normativa, a (ulteriore, oltre a quelli già testé individuati e descritti) requisito di accesso alla procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato di cui agli artt. 268 ss. del CCII e che, quindi, il dibattito possa dirsi definitivamente risolto.

 

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