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Con la sentenza in esame, il Tribunale di Spoleto ha affermato che il TFR maturato deve essere acquisito alla procedura di liquidazione controllata e non può rimanere nella disponibilità del debitore in quanto tutto il suo patrimonio costituisce attivo della liquidazione fino al completamento della stessa o, almeno, fino a che non intervenga l’esdebitazione[1].

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1. Svolgimento del procedimento.

Con ricorso del 27.03.2024, il debitore chiedeva l’apertura della procedura di liquidazione controllata dei suoi beni ai sensi dell’art. 268 CCII. L’ammontare complessivo dei debiti era pari ad € 913.487,28 scaturenti prevalentemente da garanzie fideiussorie prestate tra il 2001 e il 2007 in favore di società successivamente fallite. L’attivo era composto dal reddito da lavoratore dipendente, pari ad € 1.600,00 mensili netti, e dal reddito per consulenza tecnica con p.iva (€ 9.447,00 di fatturato nel 2022 ed € 15.166,00 di fatturato nel 2023). Le altre disponibilità liquide erano pressoché nulle: l’istante era infatti titolare di due rapporti di conto corrente, l’uno con saldo negativo e l’altro con saldo pari ad € 685,62 al 31.12.23. Risultava, altresì, titolare di una partecipazione nominale pari all’11% di una società ormai dichiarata fallita nel 2014. Il ricorrente non era proprietario di beni immobili, né di beni mobili registrati. Risultava titolare di una polizza assicurativa con scadenza nell’anno 2026, non acquisibile alla procedura in quanto avrebbe garantito il rimborso solo al verificarsi di specifiche situazioni (decesso, inabilità, ecc. del contraente). Il debitore poteva, infine, mettere a disposizione, il TFR[2] già maturato ed esigibile successivamente all’apertura della procedura di liquidazione controllata. In particolare, nel CUD 2023 per l’anno 2022, veniva indicato un TFR lordo di € 2.839,54 (circa € 2.200,00 netti) da considerarsi acquisibile alla procedura quale “bene futuro”[3] [3], previa autorizzazione del Giudice e nella misura da questo stabilita. Accertati i presupposti oggettivi e soggettivi, nonché la consistenza delle obbligazioni precedentemente contratte e l’evidente insufficienza del patrimonio mobiliare e immobiliare del debitore, il Giudice, anche alla luce della relazione particolareggiata dell’OCC, ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’apertura della procedura di liquidazione controllata[4] acquisendo una quota di retribuzione mensile (tenuto conto del nucleo familiare del debitore e delle spese necessarie alla sopravvivenza) ed il TFR quale “bene futuro”.

 

2. Approfondimenti.

Con riferimento all’acquisizione del TFR alla liquidazione controllata, occorre però soffermarsi su un triplice aspetto: la durata della liquidazione controllata; la misura del TFR assoggettabile a liquidazione; l’effettività esigibilità del TFR. Per quanto riguarda la durata, essa dovrebbe dipendere dal tempo richiesto per la liquidazione dei beni (nel senso che non potrebbe essere chiusa finché vi siano beni da liquidare). Tuttavia, il CCII ha introdotto la possibilità per il debitore di ottenere l’esdebitazione trascorso un determinato periodo di tempo (tre anni) anche qualora l’attività di liquidazione dei beni non sia cessata: l’art. 282 CCII prevede la c.d. esdebitazione di diritto, vale a dire la possibilità di chiudere anticipatamente la liquidazione ancora pendente ottenendo l’esdebitazione d’ufficio con decreto motivato del Tribunale trascorsi tre anni dall’apertura della procedura[5]. Ne consegue che, una volta dichiarata l’esdebitazione, la liquidazione non può proseguire per l’acquisizione dei beni futuri non ancora maturati in quel momento. Per quanto riguarda il secondo aspetto, vale a dire la misura di TFR assoggettabile a liquidazione controllata, l’art. 268 co. 3 lett. a) CCII opera un esplicito riferimento all’art. 545 c.p.c. Alla luce di tale rinvio si deduce che il TFR è relativamente impignorabile (nella misura di quattro quinti), mentre è pignorabile per il restante quinto. Per cui, nella liquidazione controllata dei beni del sovraindebitato, il TFR può essere ricompreso nei beni da liquidare nei limiti di un quinto[6]. Con riferimento, infine, all’effettiva esigibilità del TFR si precisa che è onere del liquidatore verificare, nel corso della procedura, i presupposti della sua esigibilità[7]. Bisogna dunque porre l’accento sul rapporto di lavoro, che non deve essere stato instaurato in tempi recenti, sulla sua prospettiva di risoluzione in un arco di tempo medio-breve[8], sull’ammontare dell’importo suscettibile di anticipazione, sull’effettiva possibilità di ottenere l’anticipazione delle somme accantonate. L’esigibilità deve essere verificata anche con riferimento al tempo: il TFR, o meglio il 20% di esso, può rientrare, quale utilità futura, nella massa da liquidare solo se diviene esigibile entro tre anni dall’apertura della liquidazione (termine per l’esdebitazione)[9].

 

 

 

 

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[1] Conformemente: Tribunale di Bologna, 22/02/2023.

[2] Com’è noto, il Trattamento di fine rapporto è disciplinato dall’art. 2120 c.c. e costituisce un credito del prestatore di lavoro subordinato nei confronti del proprio datore di lavoro. Esso matura nel corso del rapporto lavorativo attraverso l’accantonamento di una quota dello stipendio ed è esigibile, oltre che all’atto della risoluzione o cessazione del rapporto, anche nel momento in cui il lavoratore ne chiede l’anticipo. Il TFR, rientrando nella categoria delle “indennità relative al rapporto di lavoro” di cui all’art. 545 co. 3 c.p.c., può essere oggetto di pignoramento. Pertanto, previa autorizzazione del G.D. e nella misura da questo stabilita, il TFR è da considerarsi acquisibile alla procedura quale “bene futuro”.

[3] Il “bene futuro” è tutto ciò che non esiste attualmente, ma che potrà venire ad esistenza e quindi che potrà entrare nel patrimonio dl debitore. Si può trattare sia di cose che non esistono in natura (es. immobile da costruire, ereditato, donato); sia di beni che provengono da un altro bene (come i frutti ex art. 820 c.c. e che a loro volta sono naturali (prodotti agricoli/animali/minerari/ecc.) o civili (interessi/canoni/rendite/ecc.); sia di cose già esistenti in natura ma che non appartengono a nessuno (un bene che non è mai stato proprietà di alcuno, res nullius, o un bene abbandonato, res derelicta) e la cui proprietà può acquistarsi con l’occupazione. Anche un diritto che esisterà solo al verificarsi di una certa condizione può essere considerato un bene futuro. Ebbene, mutuando nelle procedure da sovraindebitamento il principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c., il quale prevede che “il debitore risponde dell’adempimento dell’obbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri”, la liquidazione controllata può (e deve) incamerare l’intero patrimonio che il debitore possiede al momento dell’apertura della procedura, e quello sopravvenuto che verrà ad esistenza nei tre anni successivi all’apertura (limite temporale della procedura) oppure sino a che non interviene l’esdebitazione.

[4] Sul punto, il Tribunale di Macerata, con il provvedimento del 19.10.22 di omologa di un accordo per la composizione della crisi ex L. 3/12 (oggi concordato minore), ha ritenuto più conveniente la proposta di accordo, con la quale il debitore metteva a disposizione quasi integralmente il credito da TFR già maturato, rispetto all’alternativa liquidatoria che avrebbe visto tale credito per la gran parte (ossia quattro quinti) escluso.

[5] Cfr: Trib. Bologna n. 25/24; Trib. Bologna n. 32/23; Trib. Padova 20.10.22. E ciò in virtù della Direttiva UE n. 1012/19 e della recente decisione della Corte Costituzionale n. 6/24 oggetto di approfondimento a cura di A. ZURLO, in Diritto del Risparmio, “Sulla durata della liquidazione: la tutela a geometrie variabili nella pronuncia della Corte Costituzionale (n. 6/2024)”, https://www.dirittodelrisparmio.it/2024/01/23/sulla-durata-della-liquidazione-giudiziale-la-tutela-a-geometrie-variabili-nella-pronuncia-della-corte-costituzionale-n-6-2024/. Si precisa che l’effetto esdebitatorio ex lege di cui all’art. 282 CCII conosce delle mitigazioni. In primo luogo, la stessa norma in esame prevede una preclusione all’esdebitazione per il soggetto sovraindebitato che abbia contribuito a determinare o aggravare il proprio stato di crisi o di insolvenza, mediante condotte gravemente negligenti oppure dirette a frodare il ceto creditorio. In secondo luogo, la disposizione normativa opera un riferimento esplicito alle cause ostative di cui all’art. 280 CCII. Infine, il provvedimento con cui il Tribunale dichiara l’esdebitazione del debitore è sempre soggetto, entro trenta giorni, al reclamo da parte dei creditori.

[6] Per completezza si precisa che, con riferimento alla disciplina dell’esdebitazione del debitore incapiente, l’art. 283, co. 2, CCII non opera invece alcun rinvio espresso all’art. 545 c.p.c., con la conseguenza che in questi casi non potrebbe invocarsi il limite di assoggettabilità di un solo quinto del TFR, dovendosi calcolare l’intera somma maturata. Ciò comporta, a parere di chi scrive, un’ingiustificata violazione del principio costituzionale d’uguaglianza, di cui all’art. 3. Il debitore sovraindebitato incapiente risulterebbe, infatti, ingiustificatamente sfavorito rispetto a tutti gli altri debitori sovraindebitati, nonché rispetto al debitore esecutato.

[7] Cfr. Trib. Bologna, n. 25/24; Trib. Bologna, n. 163/23.

[8] Cfr. Trib. Rimini, 23 Gennaio 2024.

[9] Sarà eventualmente possibile verificare il momento di cessazione del rapporto di lavoro e dell’esigibilità del TFR confrontando l’estratto contributivo rilasciato dall’ente pensionistico.

 

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