Dal 18 gennaio 2023 è entrato in vigore il nuovo Statuto del Contribuente con le modifiche apportate dal decreto legislativo 219 del 2023.
Rafforzato il contradditorio tra Fisco e contribuente, aumentate le tutele con l’introduzione di un organo monocratico chiamato Garante Nazionale e revisione dell’Interpello, sono le novità principali.
Fin dal suo insediamento il Governo Meloni ha ribadito uno dei pilastri fondamentali del suo piano di lavoro: mai più Fisco vessatorio nei confronti dei contribuenti.
Il primo passo verso tale distensione dei rapporti è stato rappresentato dai provvedimenti di pace fiscale inseriti all’interno della legge di bilancio 2023, nonostante la molta confusione generata tra i vari istituti, di cui i più importanti sono la rottamazione quater e lo stralcio delle cartelle fino a 1.000 euro, queste misure stanno avendo i loro effetti.
Il secondo passo è la modifica dello Statuto del contribuente, la legge fondamentale dello Stato italiano a tutela dei cittadini, prevede il rafforzamento del contraddittorio a favore dei contribuenti e la revisione delle sanzioni al fine di adeguarsi a quelle applicate in ambito UE e al fine anche di adeguarsi alla sentenza della Corte Costituzionale 46 del 2023, che ha sottolineato la vessatorietà del nostro sistema sanzionatorio sproporzionato.
Ecco come cambia lo Statuto del contribuente.
Riforma dello Statuto del contribuente
In attuazione della legge di delega per la riforma fiscale, il decreto legislativo 219 introduce una riforma dell’articolo 1 dello Statuto del Contribuente ( legge 212 del 2000). Il nuovo testo prevede che le norme di diritto tributario
“si conformano alle norme della Costituzione rilevanti in materia tributaria, ai principi dell’ordinamento dell’Unione Europea e alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo”.
Interviene inoltre sulle sanzioni, stabilendo che
alle misure di contrasto dell’elusione e dell’evasione fiscale e alle sanzioni tributarie si applicherà il principio di proporzionalità
inoltre
Il procedimento tributario bilancia la protezione dell’interesse erariale alla percezione del tributo con la tutela dei diritti fondamentali del contribuente, nel rispetto del principio di proporzionalità
Deve essere sottolineata l’importanza della locuzione “diritti fondamentali”, infatti si tratta di una particolare categoria tutelata in maniera forte, per capire possiamo avvalerci della definizione di Luigi Ferrajoili (giurista ed ex magistrato), che sostiene: sono «diritti fondamentali» tutti quei diritti soggettivi che spettano universalmente a «tutti» gli esseri umani in quanto dotati dello status di persone, o di cittadini o di persone capaci d’agire; inteso per «diritto soggettivo» qualunque aspettativa positiva (a prestazioni) o negativa (a non lesioni) ascritta ad un soggetto da una norma giuridica, e per «status» la condizione di un soggetto prevista anch’essa da una norma giuridica positiva quale presupposto della sua idoneità ad essere titolare di situazioni giuridiche e/o autore degli atti che ne sono esercizio”
Si tratta quindi di diritti con una tutela rafforzata, come il diritto al nome, alla tutela della proprietà…una sorta di nucleo intoccabile.
Nel testo in Consiglio dei ministri si dice, infine
In conformità al principio di proporzionalità, l’azione amministrativa deve essere necessaria per l’attuazione del tributo, non eccedente rispetto ai fini perseguiti e non limitare i diritti dei contribuenti oltre quanto strettamente necessario al raggiungimento del proprio obiettivo.
Ribaltato il rapporto fisco vessatorio e contribuente?
Diciamo che generalmente nella pretesa tributaria è sempre stata data maggiore rilevanza alla parte pubblica, cioè il Fisco, in quanto persegue finalità di pubblico interesse meritevoli di maggiore tutela rispetto a quella riservata al privato.
L’applicazione di questo principio però ha portato nel tempo ha un senso di sfiducia da parte del contribuente che, unito all’elevata pressione fiscale, ha generato la sensazione di essere di fronte a una sorta di “esproprio”.
Questo effetto è rafforzato quando si arriva a risultati finali shock con lavoratori autonomi, professionisti e imprese oberati di oneri burocratici, adempimenti, versamenti che si accavallano, magari in periodo anche di crisi economica a cui si aggiunge, in alcuni casi, una difficoltà di riscossione dei crediti maturati.
L’obiettivo del Governo dovrebbe essere capovolgere tale situazione di fatto, snellendo le procedure (dichiarazioni semplificate) e con una fase di accertamento e giurisdizionale che parifica la posizione tra Fisco e contribuente e quindi alleggerendo la sensazione di essere vessati dal Fisco.
Statuto del contribuente: con obbligo di motivazione
Il nucleo fondamentale della legge di delega fiscale, da attuare con vari decreti legislativi, resta la tutela dei diritti fondamentali del contribuente, andando così a dare maggiore rilevanza all’interno del procedimento tributario al contribuente e ponendolo alla pari con la “parte pubblica” del rapporto.
Nel nuovo testo risulta rafforzato il contraddittorio attraverso un potenziamento dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi con l’indicazione, già dal momento di formazione dell’atto di accertamento, di tutte le prove a carico del contribuente in modo che possa mettere a punto un’adeguata difesa.
Deve essere sottolineato che il nuovo Statuto prevede che le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori quanto al rispetto dei principi del contraddittorio, dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria, della tutela dell’affidamento, del divieto del bis in idem, del principio di proporzionalità e dell’autotutela, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela (articolo 1, comma 1, lettera a, numeri 3bis e 3 ter, decreto 219/2023).
Contraddittorio preventivo
Le modifiche al sistema prevedono che l’Amministrazioni finanziaria, prima di adottare il provvedimento definitivo, elabori uno schema di provvedimento. Lo stesso deve essere messo a disposizione del contribuente a cui viene concesso un termine non inferiore a 60 giorni per presentare le proprie osservazioni.
Entro lo stesso termine il contribuente può accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. Solo in seguito allo spirare di tale termine, l’Amministrazione può adottare il provvedimento definitivo che però deve tenere in considerazione i rilievi fatti dal contribuente.
Il provvedimento adottato senza il rispetto di tali norme è annullabile (articolo 1, comma 1, lettera e) d.lgs 219/2023, introduce articolo 6 bis legge 212 del 2000).
Il d.lgs prevede però un’eccezione: non sussiste il diritto al contraddittorio per gli atti automatizzati, come quelli emessi in seguito a controllo formale automatizzato delle dichiarazioni.
In poche parole chi riceve l’atto non solo deve conoscere fin dall’inizio tutti gli addebiti a suo carico e le prove in mano all’amministrazione finanziaria, ma deve anche avere il tempo per rispondere in modo altrettanto analitico.
A questo punto arriva anche un’altra importante novità prevista dalla legge di delega fiscale, infatti, in seguito alla presentazione di osservazioni, il Fisco ha l’obbligo di motivare espressamente sulle osservazioni formulate dal contribuente. L’articolo 12 comma 7 dello Statuto del contribuente attualmente in vigore, invece, prevede:
il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori.
senza prevedere l’obbligo quindi di fornire una risposta al contribuente.
Appare evidente che tutta questa fase di colloquio abbia un effetto deflattivo del contenzioso tributario perché è una comunicazione antecedente a un eventuale ricorso e mira a una riscossione che sia maggiormente rispondente alla reale situazione del contribuente grazie a una maggiore attenzione verso le sue ragioni.
Nel piano di revisione delle procedure con maggiore tutela del contribuente rientrano anche le procedure di assunzione e potenziamento messe in atto dall’Agenzia delle Entrate con assunzioni che dovrebbero coincidere proprio con l’entrata in vigore delle nuove norme.
Statuto del contribuente: la nuova disciplina dell’Interpello
Uno degli strumenti più utilizzati dai contribuenti in questi anni è l’Interpello. Si tratta di uno strumento attraverso il quale il contribuente può chiedere direttamente al Fisco una risposta riguardante fattispecie concrete e personali.
Ad esempio, può prospettare il proprio caso e chiedere se ad esso trova applicazione una norma X o la norma Y.
Questo strumento è stato finora molto utilizzato e proprio per questo è stato riformato introducendo la necessità di versare un contributo economico per ottenere risposta dall’Agenzia delle Entrate. Il contributo è destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione del personale delle agenzie fiscali. Il motivo è evitare l’eccessivo ricorso alle istanze di interpello che di fatto impegnano i funzionari a fornire risposte che in realtà frequentemente sono facilmente reperibili attraverso circolari e atti di prassi.
L’Amministrazione, ferma la facoltà di chiedere documentazione integrativa, risponde alle istanze di interpello nel termine di novanta giorni. Il termine è sospeso dal 1° agosto al 31 dello stesso mese. La proposizione di un’istanza di interpello non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione e la risposta alla istanza di interpello non è impugnabile.
Lo Statuto prevede per le associazioni di categoria, associazioni sindacali, ordini professionali e amministrazioni la possibilità di richiedere una consulenza giuridica, figura simile all’Interpello, si tratta di chiarimenti interpretativi non riferibili al singolo contribuente.
Per i contribuenti di minori dimensioni e le persone fisiche vi è invece la consultazione semplificata attraverso i servizi online dell’Agenzia delle Entrate.
Garante nazionale del contribuente
Il nuovo Statuto del contribuente prevede l’istituzione del Garante Nazionale del Contribuente. Si tratta di un organo monocratico con sede a Roma, scelto e nominato dal Ministro dell’economia e delle finanze. Resta in carica per quattro anni, ma l’incarico è rinnovabile (una sola volta). Il Garante è scelto fra magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, in servizio o a riposo, avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, in pensione, designati in una terna formata dai rispettivi ordini nazionali di appartenenza.
Qual è il ruolo del Garante nazionale del contribuente?
Il Garante su segnalazione scritta del contribuente può:
- rivolgere raccomandazioni ai direttori delle Agenzie fiscali ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi;
- accedere agli uffici al fine di controllare funzionalità dei servizi e qualità dell’assistenza fornita al contribuente e agibilità degli spazi;
- richiamare gli uffici finanziari al rispetto del diritto all’informazione del contribuente ed ai diritti del contribuente soggetto a verifiche fiscali nonché al rispetto dei termini previsti per il rimborso d’imposta.
Il Garante nazionale del contribuente ogni 6 mesi relaziona al Ministro dell’Economia e delle Finanze sull’attività svolta. Deve inoltre relazionare a:
- direttori delle Agenzie fiscali;
- Comandante generale della Guardia di finanza.
Nella relazione deve rilevare le criticità rilevate e proporre soluzioni. Annualmente, invece, riferisce a Governo e Parlamento sullo stato dei rapporti tra Fisco e contribuenti.
Nuovo Statuto del contribuente: rafforzato il principio di autotutela
L’Autotutela è un istituto noto alle Pubbliche Amministrazioni. Prevede che le stesse, quando si accorgono di aver commesso un errore all’interno di un atto, possano annullarlo d’ufficio.
Con il decreto legislativo 219 si introduce nello Statuto del Contribuente (legge 212 del 2000) l’articolo 10 quater. Lo stesso prevede l’obbligo di autotutela, senza istanza di parte e anche in pendenza di giudizio, in caso di manifesta illeggittimità dell’atto dovuta a errore:
- di persona;
- di calcolo;
- sull’individuazione della persona;
- errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria;
- errore sul presupposto dell’imposta;
- mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
- mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.
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