L’acquirente di un immobile subastato è tenuto a rispettare la preesistente locazione anche nell’eventualità che il canone di locazione locativo risulti inferiore di oltre un terzo rispetto al giusto prezzo?
riferimenti normativi: art. 2923 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass., sez. VI, Sentenza n. 16718 del 01/10/2012
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1. La vicenda: la locazione a canone vile
Una società, con atto di compravendita, acquistava un capannone locato a terzi direttamente dalla procedura concorsuale di altra società fallita.
La società acquirente accertava che il canone pattuito era stato incongruamente determinato; di conseguenza comunicava all’affittuario che riteneva a sé inopponibile il contratto ex 2923 c.c., 3 comma.
Del resto il perito che aveva stimato per il fallimento il valore dell’immobile aveva accertato che il canone pattuito risultava inferiore di oltre un terzo al canone di mercato (infatti era stato pattuito un canone di soli 1.500 euro/mese anziché la somma 3.700 euro/mese ritenuta più aderente al mercato delle locazioni commerciali).
Dopo le infruttuose trattative stragiudiziali per ricondurre ad equità il canone, la società si rivolgeva al Tribunale proponendo formale domanda di rilascio del capannone, con contestuale richiesta di CTU al fine di determinare il canone locativo di mercato (con riferimento alla data di dichiarazione del fallimento della società, ex titolare dell’immobile).
Il conduttore si costituiva in giudizio, chiedendo, tra l’altro, il rigetto del ricorso per mancanza di prova della effettiva inadeguatezza del canone e della ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art 2923 c.c., 3 comma. In ogni caso riteneva che con la stipula contratto di vendita senza eccezioni vi sarebbe stata implicita accettazione delle condizioni di acquisto dell’immobile. In via istruttoria si opponeva alla ammissione di CTU ritenendola esplorativa.
Il Tribunale, però, provvedeva alla nomina di CTU., proponendo al tecnico incaricato un quesito volto ad individuare quale fosse il valore locatizio commerciale immobile alla data di stipula del contratto di locazione.
Il perito concludeva il proprio elaborato ritenendo che il canone potesse quantificarsi in 2875 €/mese.
Veniva poi disposta una ulteriore integrazione della relazione del CTU all’esito della quale il tecnico incaricato ribadiva le proprie valutazioni in merito al canone congruo.
Dopo aver accertato che il canone pattuito nel contratto di locazione era inferiore di oltre un terzo al giusto corrispettivo, il Tribunale dichiarava inopponibile alla società ricorrente il predetto contratto di locazione, ai sensi dell’art. 2923 c.c., 3 comma; inoltre ordinava alla parte convenuta il suo rilascio in favore della parte ricorrente, libero da persone e/o cose; condannava infine il conduttore, a pagare la differenza tra quanto versato a titolo di canone e l’indennità di occupazione e le spese legali.
3. La soluzione
La Corte di Appello ha dato pienamente ragione all’aggiudicatario del capannone, confermando la decisione di primo grado. La stessa Corte ha notato che se è stato stipulato prima del pignoramento dell’immobile un contratto di locazione, questo non è mai opponibile all’acquirente ove abbia un canone inferiore di oltre un terzo rispetto al giusto prezzo (art. 2923 c.c.) I giudici di secondo grado hanno evidenziato come il CTU nella propria stima abbia individuato un ammontare di canone mensile (€ 2875) che era decisamente maggiore ai 1500 € contrattualmente previsti e superiore di oltre un terzo a quello pattuito, con chiara dimostrazione che la domanda giudiziale meritasse di essere accolta. Secondo la stessa Corte, a fronte dell’accertamento della sussistenza dei presupposti dell’art. 2923, terzo comma c.c. e, quindi, della inopponibilità all’acquirente del canone da ritenersi “vile”, si deve ritenere giustificata la richiesta di condanna del conduttore alla corresponsione a titolo di indennità di occupazione delle relative differenze.
4. Le riflessioni conclusive
L’acquirente della cosa pignorata può liberarsi dall’obbligo di rispettare la locazione stipulata anteriormente al pignoramento, ai sensi dell’art. 2923, comma 3, c.c., ove dimostri che il canone locativo sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni.
In particolare è stato affermato che la locazione “a canone vile” stipulata in data anteriore al pignoramento non è opponibile all’aggiudicatario ai sensi dell’art. 2923, comma 3, c.c. ed è inopponibile anche alla procedura o ai creditori che ad essa danno impulso, stante l’interesse pubblicistico al rituale sviluppo del processo esecutivo e, quindi, per un motivo di ordine pubblico processuale (Cass. civ., sez. III, 28/03/2022, n. 9877).
La Cassazione ha recentemente precisato che il giudice può far ricorso, nella relativa indagine, a qualsiasi argomento di prova offerto dalle parti, quale ad esempio, nel caso di sublocazione di immobile, il raffronto del canone di quest’ultima con quello della locazione, se del caso mediante la comparazione in termini percentuali, e comunque coerenti con i criteri di estimo, soprattutto ove l’immobile sia stato sublocato in estensione diversa rispetto a quella della locazione originaria (Cass. civ., sez. III, 27/07/2022, n. 23508).
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Saverio Luppino | Maggioli Editore 2020
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