La Corte di Giustizia dell’UE si pronuncia sulle clausole abusive nei mutui ipotecari, gettando luce sul rapporto tra le clausole e la protezione del consumatore.
La presenza di clausole abusive in un contratto di mutuo consente al debitore, anche a termini ormai scaduti, di presentare opposizione al pignoramento e bloccare così la casa all’asta. Questo importante principio, sancito a più riprese dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e di recente ribadito anche dalla nostra Cassazione a Sezioni Unite (la n. 9479 del 6 aprile 2023), ha trovato una nuova importante applicazione.
In particolare, con la sentenza del 21 settembre (C-139/22), la Corte Ue si è pronunciata, per la prima volta, sull’abusività di una clausola che resta tale anche se nel contratto è fornita al consumatore un’alternativa per l’adempimento.
Ribadiamo però i principi della questione per ribadire quali sono i principi fatti propri dalla giurisprudenza.
Come bloccare il pignoramento
Secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale, non importa se il debitore non ha presentato opposizione contro il decreto ingiuntivo nei termini: anche ad esecuzione forzata già avviata, questi ha diritto ad opporsi se nel contratto con la banca erano presenti clausole vessatorie o, come dice la direttiva comunitaria, clausole abusive (clausole cioè che comportano un significativo squilibrio ai danni del cliente). Tali clausole non possono essere “sanate” neanche se appositamente approvate per iscritto con la doppia sottoscrizione.
Condizione essenziale per l’applicazione di questo principio è che il soggetto obbligato (ad esempio il mutuatario, il fideiussore, ecc.) sia un
consumatore. Di conseguenza tale interpretazione non può essere invocata nel caso di debiti sorti per l’esercizio dell’attività commerciale, professionale o, in generale, lavorativa.
Il debitore potrà quindi presentare un’opposizione “tardiva” anche quando ormai è stata avviata l’asta giudiziaria, quale conseguenza del pignoramento intrapreso dall’istituto di credito.
Per maggiori chiarimenti su tali questioni leggi:
Come proteggersi dalla banca e dal pignoramento della casa
Come bloccare la casa all’asta e il pignoramento immobiliare
Clausole abusive
Sono arrivate nuovamente sotto i riflettori della Corte di giustizia dell’Unione europea le clausole abusive incluse nelle condizioni generali di un contratto di mutuo ipotecario, indicizzato in valuta estera.
Una coppia aveva firmato un contratto di mutuo ipotecario legato al tasso di cambio del franco svizzero. Malgrado i debitori fossero a conoscenza dei rischi, gli stessi hanno ugualmente presentato un reclamo al Tribunale di Varsavia, sostenendo che una clausola del contratto fosse abusiva (ai sensi della direttiva 93/13).
Una clausola può essere considerata abusiva anche se esiste un’alternativa?
La Corte UE ha stabilito che se una clausola è in grado di creare uno squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti, allora deve essere sempre considerata abusiva – e quindi nulla – anche quando la stessa consente al debitore di adempiere in modo diverso, aprendogli una alternativa. nulla. Questo perché il professionista potrebbe trarre vantaggio da una possibile mancanza di chiarezza o di comprensione riguardo alle alternative da parte del consumatore.
Di qui il principio affermato dai giudici: «L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che una clausola di un contratto, che, a causa delle condizioni di adempimento di determinati obblighi del consumatore interessato da essa previste, debba essere considerata abusiva, non può perdere tale carattere a causa di un’altra clausola di tale contratto che preveda la possibilità per tale consumatore di adempiere i suoi obblighi a condizioni diverse».
È la prima volta che la Corte affronta il rapporto tra una clausola abusiva inserita nel contratto bancario e la presenza di un’altra clausola che permetta al consumatore di adempiere a condizioni diverse. Per i giudici della Corte di Giustizia UE, il tribunale è tenuto a valutare se la singola clausola è di per sé «portatrice di uno squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti a vantaggio del professionista». Di conseguenza, anche in presenza di due clausole alternative, una abusiva e l’altra lecita, poiché il professionista può trovarsi in una situazione di vantaggio per una disattenzione del consumatore, la clausola deve essere classificata sempre come abusiva e considerata nulla. Risultato: si può presentare opposizione al pignoramento in atto ed estinguere definitivamente la procedura esecutiva.
E se il consumatore lavora nella banca che concede il mutuo?
Interessante è il fatto che la Corte UE ha chiarito che anche se un consumatore è un dipendente della banca che gli concede il mutuo, questo non esenta la banca dagli obblighi di trasparenza. La banca deve informare il cliente del rischio di cambio, indipendentemente dalle conoscenze che il cliente potrebbe avere lavorando lì. Questo perché l’importante è il livello di conoscenza del consumatore medio.
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