Chi paga le spese condominiali per interventi straordinari in caso di vendita dell’unità immobiliare? È tornato sull’argomento il Tribunale di Trani, con la recente sentenza n. 105 del 16 gennaio 2024, con la quale la questione è stata affrontata in relazione al credito vantato dall’impresa appaltatrice nei confronti degli eredi della condomina la cui casa era stata venduta all’asta.
Delibera di approvazione delle spese straordinarie: situazione delicata. Fatto e decisione
Nella specie gli eredi di una condomina il cui immobile era stato venduto all’asta avevano ricevuto la notifica di un decreto ingiuntivo da parte di un’impresa edile per il pagamento della quota parte del compenso dovuto a fronte di un intervento di manutenzione straordinaria che aveva interessato l’edificio condominiale.
Questi avevano però presentato opposizione, evidenziando come i lavori fossero stati deliberati dall’assemblea condominiale successivamente al passaggio di proprietà dell’unità immobiliare e come, di conseguenza, il soggetto tenuto al loro pagamento fosse il soggetto risultato aggiudicatario all’esito della procedura di esecuzione forzata.
L’impresa opposta, pur contestando i motivi dell’opposizione e chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo, aveva però chiesto di essere autorizzata a chiamare in giudizio anche quest’ultimo per sentirlo condannare al pagamento del predetto importo qualora fosse stato accertato il difetto di legittimazione passiva degli opponenti.
Il Tribunale ha accolto l’opposizione, evidenziando come in materia di responsabilità per gli oneri condominiali in ipotesi di successione nella proprietà esclusiva di alcune delle unità immobiliari costituenti l’edificio condominiale, occorre distinguere tra le spese necessarie alla manutenzione ordinaria e quelle attinenti a innovazioni o a opere che comunque comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio e cagionate da un evento non evitabile con quest’ultima.
In quest’ultimo caso, infatti, la deliberazione dell’assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell’intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino.
Da ciò si fa derivare che, verificandosi l’alienazione di una porzione esclusiva posta nel condominio in seguito all’adozione di una delibera assembleare, antecedente alla stipula dell’atto traslativo, ove non sia diversamente convenuto nei rapporti interni tra venditore e compratore, i relativi costi devono essere sopportati dal primo, anche se poi i lavori siano stati, in tutto o in parte, effettuati in epoca successiva.
Né, secondo il Tribunale, l’impresa edile poteva utilmente invocare in proprio favore la speciale tutela accordata al condominio dall’art. 63 disp. att. c.c., poiché la stessa giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la predetta disposizione delinea un’obbligazione solidale, ma autonoma, in quanto non propter rem, e costituita ex novo dalla legge esclusivamente in funzione di rafforzamento dell’aspettativa creditoria del condominio e non anche di eventuali creditori terzi.
Considerazioni conclusive
Per le spese straordinarie deliberate dal condominio la situazione è sempre delicata, vuoi per l’ammontare solitamente maggiore degli importi vuoi soprattutto per il lasso temporale che spesso intercorre tra l’approvazione dei lavori e la realizzazione degli stessi.
In questi casi, infatti, il condomino che venda l’unità immobiliare a lavori in corso (oppure già deliberati ma ancora non iniziati) può ritenere di non doverne sostenere il costo, in tutto o in parte, perché a goderne sarà il nuovo proprietario.
Inoltre, se i lavori non sono ancora iniziati, potrebbe addirittura tacere la circostanza all’acquirente.
In realtà, come ribadito a più riprese dalla Cassazione, il momento costitutivo dell’obbligazione del condomino nei confronti del condominio per le spese straordinarie è quello della data dell’approvazione della delibera assembleare che ha disposto l’esecuzione degli stessi, indipendentemente dalla data di avvio e completamento dei medesimi.
Infatti, “laddove, successivamente alla delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione di tali interventi, sia venduta un’unità immobiliare sita nel condominio, i costi di detti lavori gravano, secondo un criterio rilevante anche nei rapporti interni tra compratore e venditore, su chi era proprietario dell’immobile compravenduto al momento dell’approvazione di detta delibera, la quale ha valore costitutivo della relativa obbligazione, anche se poi le opere siano state, in tutto o in parte, realizzate in epoca successiva all’atto traslativo” (Cass. civ., 28 aprile 2021, n. 11199).
Anche in questo caso a garanzia del condominio rimane però operativo il principio di solidarietà nel pagamento delle spese condominiali di cui all’art. 63, comma 4, Disp. att. c.c., con la conseguenza che l’acquirente e nuovo condòmino potrà essere coinvolto nel pagamento delle spese straordinarie ove la delibera di approvazione dei lavori sia stata assunta dall’assemblea nella gestione in corso o in quella precedente all’acquisto dell’unità immobiliare, ferma la possibilità per quest’ultimo di agire in regresso verso il venditore per quanto effettivamente versato al condominio.
L’acquirente, infatti, come chiarito nella medesima ordinanza della Cassazione or ora citata, ha diritto “a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c., salvo che sia diversamente convenuto tra venditore e compratore, pur rimanendo comunque inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro”.
Occorre comunque ricordare come in questi casi la strada maestra per venditore e acquirente sia quella di affrontare e risolvere la situazione controversa già in sede contrattuale, inserendo delle specifiche clausole di manleva o intervenendo sul prezzo della compravendita, evitando così di trascinare il problema in avanti e costringere il condominio ad attivarsi nei confronti di una delle due parti per il recupero del credito.
Se, infatti, queste ultime avranno risolto la questione anticipatamente, si regoleranno di conseguenza nei confronti dell’amministratore, versando al medesimo le somme dovute.
I reciproci rapporti di dare/avere resteranno disciplinati nel negozio di compravendita e, proprio perché di origine contrattuale, i relativi patti saranno comunque inopponibili al condominio.
La Suprema Corte, con precedente ordinanza n. 15547 del 22 giugno 2017, ha anche avuto modo di chiarire un altro interessante aspetto. Nel caso in questione la delibera di ripartizione dei lavori straordinari aveva seguito di qualche anno l’effettiva ultimazione degli stessi.
Il vecchio proprietario dell’unità immobiliare nei cui confronti era stato richiesto e ottenuto dal condominio il decreto ingiuntivo ne aveva contestato la legittimità anche perché, a suo dire, il presupposto richiesto dall’art. 63 disp. att. c.c. (ovvero la deliberazione assembleare di ripartizione) si era verificato allorché il medesimo non rivestiva più la qualità di condomino.
Per questo motivo, non essendo il medesimo più legittimato a partecipare all’assemblea condominiale che aveva approvato il predetto riparto, la relativa delibera non avrebbe potuto essere validamente utilizzata contro di lui ai fini dell’ottenimento dell’ingiunzione giudiziale.
Sul punto la Cassazione ha però evidenziato come la delibera di ripartizione delle spese abbia la più limitata funzione di permettere la dichiarazione giudiziale dell’immediata esecutività del decreto ingiuntivo (anche nonostante la successiva opposizione del debitore), fermo restando il diritto del condominio di azionare in giudizio il proprio credito, tanto in sede di processo di cognizione quanto in sede di processo di ingiunzione (senza la clausola di immediata esecutività).
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